Politica

LIBERALMENTE CORRETTO – Elogio della politica

di Michele Gelardi -


Viviamo in tempi di democrazia debole. La politica è sotto tutela e non si capisce se venga prima la debolezza, cui la tutela porrebbe rimedio, o la tutela stessa sia fonte della debolezza. L’osservazione è valida per tutti i Paesi, ma in Italia a maggior ragione; basta prendere in considerazione alcuni fatti: le vicende politiche approdano nelle aule giudiziarie con frequenza giornaliera; in più occasioni si sono insediati governi “tecnici”; gli esperti di neoalchimia dettano la linea al governo, per salvare l’Italia dalla catastrofe incombente; la burocrazia è autoreferenziale, poiché l’organo politico non ha il potere di firma. Il sinedrio dei sapienti e virtuosi, interpreti imparziali del giusto e dell’opportuno, vigila amorevolmente sulle sorti della nazione e impedisce che le scelte politiche della maggioranza di governo possano “uscire dal seminato”. Ovviamente il seminato si estende e restringe secondo il parere del sinedrio stesso, cosicché le scelte del corpo elettorale incidono ben poco sulle reali dinamiche dell’amministrazione della cosa pubblica. La sovranità del popolo non si è ancora ridotta a vuoto simulacro, ma certamente esce fortemente ridimensionata dalla progressiva prevalenza di una presunta ”imparzialità” tecnico-scientifica sulla “parzialità” della politica. E tuttavia, ai nostri occhi “liberalmente corretti”, è preferibile la gestione della parte, piuttosto che quella dell’imparziale.
Le parti politiche entrano in conflitto, asserendo le loro verità controverse; il garante tecnico-scientifico asserisce una sola verità, assiomatica e indiscutibile. Nella contesa delle parti vive la dinamica della democrazia; nell’unica verità, imparziale e neutrale, si annida il germe dell’autocrazia e dell’autoritarismo, sicché l’elogio della parte è coerente con la visione pluralistica della dinamica politica, contraddetta invece dalla supina riverenza verso le multiformi garanzie del preteso “Bene comune”. Eppure gli osservatori mainstream non si accorgono dei numerosi vulnera recati al principio della sovranità del popolo, delegata all’autorità politica. La Corte costituzionale passa con disinvoltura dall’avere gli occhi chiusi a tenerli troppo aperti. In tempi di Covid, non si è accorta che il popolo italiano è stato privato dei diritti elementari di libertà, in virtù di semplici atti amministrativi (Dpcm); oggi esorta il Parlamento a colmare un presunto “vuoto legislativo” e legittima l’introduzione della tassa “pedagogica”. Il Presidente della Corte osserva costernato l’inerzia del Parlamento, in materia di fine vita e figli delle coppie di fatto. Ma in verità Il c.d. vuoto legislativo non è altro che una scelta politica: la maggioranza parlamentare segue la propria agenda; non emana una nuova normativa, perché ha deciso di non intervenire, ritenendo adeguata quella vigente; l’omissione corrisponde alla decisone di omettere; il “vuoto” è una delle opzioni politiche possibili, criticabile ma legittima. Censurare questa scelta significa entrare nel merito delle opzioni politiche e ciò esula, a nostro avviso, dai confini del sindacato di legittimità costituzionale. La Consulta poi si pronuncia sull’opportunità politica di introdurre la sugar tax, che dovrebbe educare il popolo alle sane abitudini alimentari, sulla base di asserzioni parascientifiche dell’OMS. Ma non pare che gli editti dell’imparziale OMS, finanziata dalle fondazioni di Bill Gates e soci, abbiano dato fin qui grandi prove di sé. D’altronde, alla ricerca dell’imparzialità, in Italia abbiamo creato il mostro burocratico autoreferenziale, sostituendo all’organo politico il burocrate con potere di firma, il quale tuttavia cerca ogni cavillo per rinviare l’autografo. Il ministro perde le sue stesse competenze, come dimostrano le vicende dei colpevoli di “decisionismo”. Salvini siede sul banco degli imputati per un atto politico, demandato, secondo l’accusa, al funzionario di turno; Piantedosi è criticato, perché non ha atteso l’atto d’impulso del prefetto di Bari, senza il quale non può muoversi. Il burocrate sopravanza il politico, in nome dell’imparzialità, e l’Italia riposa beata in attesa di Godot.


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