Economia

Emergenza di Stato

di Cristiana Flaminio -


Chi s’accontenta, gode. Ieri pomeriggio, il consiglio dei ministri ha dato il via libera al documento di economia e finanza. Il governo ha stimato il pil italiano in aumento, per quest’anno, dello 0,9 per cento. Ciò vuol dire che spunta, nelle casse dello Stato, un tesoretto da tre miliardi di euro che, assicurano dal Mef, verrà utilizzato per abbattere il cuneo fiscale. Meglio di niente, come hanno replicato da Forza Italia a chi riteneva esiguo, troppo esiguo, il “capitale” guadagnato dai conti pubblici. Specialmente se raffrontato alle grandi emergenze del momento attuale. Il ministro Giorgetti punta fortissimo sulla prudenza: “E’ ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”.

 

Debito e Pil

Le cifre contenute nel Def sono improntate alla cautela. La stima programmatica della crescita del Pil per quest’anno è pari all’1%, dato migliore rispetto al +0.6% del documento programmatico di bilancio del novembre scorso. Che, però, guardava al 2024 con maggior fiducia rispetto al Def: difatti parlava di una crescita pari a 1,9% rispetto all’attuale 1,5%. Insomma, c’è poco da stare allegri. Innanzitutto si crescerà pochissimo, in un contesto europeo e globale di assoluta incertezza. E poi la differenza dello 0,4% guadagnata quest’anno, si perderà l’anno venturo. Def e Dpb concordano sulla crescita per il 2025: sarebbe all’1,3%. A cui seguirebbe, poi, un nuovo passo falso: +1,1% per il Pil 2026. Ma quest’ultimo dato andrebbe preso con le molle perché dovuto “a prassi metodologiche concordate a livello Ue”.
Il rapporto debito/Pil per il 2022 si è stabilizzato al 144,4%. In effetti, risulta in discesa di 1,3 punti se confrontato con le stime del Dpb di novembre. La contrazione proseguirà ancora. Nel 2023, infatti, le stime parlano del rapporto debito/Pil ridotto al 142,1%, nel 2024 scenderà ancora al 141,4% fino a raggiungere il 140,6% nel 2026. Bene, ma non benissimo. Il Mef, infatti, ci tiene a sottolineare che i numeri sarebbero stati ancora migliori se l’Italia non avesse mai conosciuto Superbonus, che ha sortito impatti importanti sui saldi di finanza pubblica.

Pressione (fiscale) altissima

Il bilancio italiano continua ad avere la pressione (fiscale) altissima. Secondo il Def 2023, infatti, attualmente il peso del Fisco è pari a 43,3 punti percentuali. Ma bisogna starsene tranquilli. Entro il 2026, spiegano da via XX Settembre, scenderà al 42,7%. Insomma, ci vorranno tre anni per ottenere il risultato di allentare di poco più di mezzo punto percentuale (per la precisione dello 0,6) la morsa fiscale che grava, attualmente, sulle tasche delle famiglie e delle imprese. Un’emergenza vera, altro che retorica. Il Mef, intanto, promette che il “tesoretto” sarà utilizzato proprio per allievare il peso delle tasse: “A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35 per cento del Pil, il mantenimento dell`obiettivo di deficit esistente (4,5 per cento) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso”. L’obiettivo dichiarato sarà quello di sostenere “il potere d’acquisto delle famiglie” e di contribuire “alla moderazione della crescita salariale”.

Giorgetti’s way

Giorgetti non si sbilancia. E, anzi, fa della prudenza oggi la carta decisiva per raggiungere lo sviluppo del Paese domani. “La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana, ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”, ha spiegato commentando il via libera al Def deciso dal consiglio dei ministri ieri: “Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell`essere persona”. Ma il ministro si sbilancia, e nemmeno troppo, in una stima a medio termine: “È realistico puntare per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del Pil e dell`occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all`insegna della transizione ecologica e digitale”. Insomma, la linea del governo italiano è improntata al sapere di una volta, alla saggezza popolare che cristallizzata nei proverbi, finisce per avere sempre ragione. Chi s’accontenta, gode.


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