Politica

Emme Vs Emme

Dopo il successo Meloni deve cambiare pelle. Sulla sua strada c’è Mattarella, i paletti del Quirinale per mediare fra l’esito elettorale e gli equilibri con Europa e Usa

di Edoardo Sirignano -


Parte il piano Chigi. Dopo aver stravinto la campagna elettorale, inizia il percorso in salita per Giorgia Meloni. Bisogna mettere in piedi un governo che rassicuri le borse, gli Usa e tutti quei poteri forti che consentono di sopravvivere all’autunno più freddo di sempre. Basta, quindi, comizi urlati, sneakers e messaggi nostalgici che richiamano la destra di un tempo. Occorre il tailleur e il profilo europeista, che nulla ha a che vedere con i tempi della militanza nelle giovanili dell’Msi.
Strada a senso unico

Se Atene piange, Sparta non ride. Sergio Mattarella, questa volta, dovrà dimostrare di essere vero Dc. Non potrà sottrarsi al volere degli italiani, né alzare il telefono e chiamare il tecnico di turno. Dovrà, al contrario, prendere spunto dal predecessore Giorgio Napolitano, che togliendosi i panni da compagno, ha dovuto condividere la scrivania con un tale Silvio Berlusconi. L’importante è instaurare, sin da subito, un rapporto privilegiato con la prima presidente del Consiglio in tacchi. Ci sono questioni troppo importanti, come la crisi energetica o le grandi riforme. In tal senso, la bicamerale, ad esempio, potrebbe essere lo spazio dove incontrare i dem, amici degli americani e senza dei quali non si può fare una nuova costituente.

Giochi di partito: il nuovo Pdl

Agli occhi del mondo, non ci potrà essere un’alleanza composta da un solo grande contenitore “conservatore” e due partitini che si attestano al nove per cento. Ecco perché si potrebbe pensare, sin da subito, di riciclare il Pdl, composto appunto da Fratelli d’Italia e da un soggetto moderato, che dovrebbe essere la sintesi di Fi e Lega. Silvio Berlusconi, in tal senso, potrebbe già aver chiamato Matteo Salvini, chiedendogli di farsi da parte e di individuare una figura che in termini di appeal, non ora, ma in futuro, possa dare filo da torcere alla popolarità di Giorgia.

La squadra

Fondamentale sarà dare l’idea di una squadra, che possa soddisfare le ambizioni di tutte le forze presenti all’interno della coalizione, ma che possa anche piacere in giro per il globo. Una ragione per cui al Mef non può andare Giulio Tremonti. Salgono, invece, le quotazioni dell’economista Fabio Panetta, nel board della Bce e apprezzato nei salotti della Nato. L’ipotesi che avanza sottotraccia, però, si chiama Domenico Siniscalco, già titolare del dicastero di via Venti Settembre e attuale vicepresidente e Country manager per l’Italia della banca d’investimento americana Morgan Stanley. Altra partita, poi, il Viminale. Salta Salvini dopo la debacle della Lega, che però potrebbe cambiare strategia e battersi per una discesa in campo del prefetto di Roma Matteo Piantedosi. L’America vorrebbe un uomo di Fdi. Per il posto di Luigi Di Maio, dovrebbe essere corsa a tre tra l’ambasciatore Giulio Terzi, il piemontese Lucio Malan e Elisabetta Belloni, protagonista nell’ultima corsa al Colle. Forza Italia dovrebbe chiedere due caselle di prestigio: una per Licia Ronzulli, probabilmente quella per i rapporti col Parlamento, a cui però aspira anche il democristiano Gianfranco Rotondi e un’altra per l’ex capogruppo Annamaria Bernini. Antonio Tajani proverà a prendere il posto della Casellati. Il suo piano b è il ministero della Difesa, per cui scalpitano anche Adolfo Urso, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Quest’ultimo è un vero jolly. Stesso discorso vale per il cognato Francesco Lollobrigrida, che però avanza per il ministero per le Infrastrutture e i Trasporti. Il Guardasigilli, salvo sorprese, dovrebbe essere Carlo Nordio. Scendono le quotazioni per Giulia Bongiorno. La Lega potrebbe confermare Giancarlo Giorgetti e Stefani. Il primo è in corsa anche per la presidenza dell’aula di Montecitorio.


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