L’Europa non rinuncia alla burocrazia digitale, il Canada sì
Ottawa rinuncia alla Digital tax, Bruxelles blinda Dma e Dsa
BERLAYMONT SEDE COMMISSIONE UE
L’Europa è la patria della burocrazia. L’abbiamo inventata noi, o forse la Cina. Solo che a Pechino, appena hanno potuto, se ne sono sbarazzati. A Bruxelles, invece, è l’unica medaglia, l’ultimo orgoglio da difendere. L’Ue, sul fronte digitale, ha un solo primato da difendere: quello di aver “normato” tutto, prima degli altri. Tutto rigidamente iscritto in decine di articoli, commi. Regole e normative da far recepire agli Stati membri, poi spedire alle autorità garanti disseminate sul Continente. Uno sforzo che, qualche frutto, l’ha pur portato se il Canada, in maniera a dir poco intempestiva, ha tentato di copiare l’iniziativa Ue di imporre una digital tax a Big Tech. Appena la notizia è arrivata a Washington, Trump ha congelato ogni negoziato sui dazi e chiarito chi comanda: “Non funzionerà, né per il Canada né per l’Europa”. Ottawa, mestamente, ha fatto dietrofront con tante scuse, ottenendo da Washington la graziosa concessione di poter proseguire le trattative con il miraggio di chiudere la partita entro il 21 luglio. Los reyes papeleros della Commissione si sono invece rizelati. “Non sono sul tavolo dei negoziati commerciali con gli Usa né il Digital Markets Act né il Digital Services Act”, ha fatto sapere l’esecutivo. E no, non lo è nemmeno il gioiello della corona (di carta) dei burocrati Ue, l’Ai Act, ha aggiunto poi la vicepresidente Henna Virkkunnen. Giusto per non lasciare alcuno spazio di manovra a chi, tra analisti, editorialisti, osservatori e speculatori, già guardava all’Ai Act, la medaglia più brillante (e beffarda) di un’Ue incapace di competere sul piano economico e della ricerca ma fortissima e ineguagliabile quando c’è da redigere direttive e normative. Intanto, oggi il commissario al Commercio Maros Sefcovic volerà a Washington per un altro round (decisivo?) del negoziato sui dazi. Con l’obiettivo, sempre il solito, di raggiungere un accordo “che sia equo per entrambe le parti” entro il 9 luglio. Nessuna concessione alla curiosità di giornalisti e addetti ai lavori: “Abbiamo ricevuto la prima bozza di proposte per un eventuale accordo di principio: ci stiamo lavorando, posso dire che il nostro team tecnico è in viaggio per Washington”. Sefcovic non prenderà la via dell’America prima di aver chiuso un’intesa con la Turchia: “Dopo aver completato il dialogo commerciale di alto livello con la Turchia, volerò anche io a Washington, naturalmente farò del mio meglio, con le mie controparti partner per far avanzare il più possibile queste negoziazioni. In questa fase non entrerò nei dettagli”. Avanti, dunque. L’Europa c’è, e alla burocrazia non rinuncia.
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