Esteri

EUROPA, SVEGLIATI!

di Redazione -


La crisi del vecchio Continente pone domande inquietanti sul suo futuro e su quello dei suoi popoli. Come uscirne? Come sconfiggere il nichilismo, 

il tecnicismo e la finanza imperante? Come ritrovare quella linfa vitale capace di far riemergere le energie nascoste che possono ridare all’Europa il ruolo

 preminente che nei secoli scorsi ha sempre avuto? Il ricordo dell’opera di San Benedetto e la riscoperta dei valori etici e umani, 

del bene comune, del lavoro, della solidarietà e quelli della fede in Dio.

 

Non nascondiamoci dietro a un dito: l’Europa è in crisi, in crisi profonda, di valori, di umanità, di identità, di cultura, di visione.

Non vanno bene neppure l’economia e i rapporti con gli altri Paesi del mondo, che la sorpassano di slancio nel commercio e nella crescita economica. 

Non va bene la politica, causa principale dei mali endemici europei, sempre più distante dalle persone, sempre più preda degli egoismi di fazione che allontano il senso di Comunità e alimentano quello predatorio che alberga nella regola di natura mercantile, che il più forte detta le leggi e gli altri devono sottostare.

La stessa politica incapace di dare risposte in merito alla crisi del lavoro, a quella dell’occupazione giovanile, a quella della famiglia, la cellula più importate della società, a quella della scuola, incapace d’essere palestra di formazione civica e culturale, a quella dell’ambiente e del territorio, abbandonati a se stessi, a quella delle nuove genti che arrivano dalle parti più disgraziate dell’Africa e del resto del mondo, alla preponderanza e prepotenza del tecnicismo e dello scientismo, che travalicano i confini dell’uomo e si propongono, con la finanza, a dettare le regole del pensiero e del comportamento delle genti. 

La stessa politica che cerca di nascondere le proprie colpe, le proprie incapacità, le proprie miopie, sventolando la paura di regimi autoritari di ritorno, sol perché i popoli lamentano un’idiosincrasia con le logiche che fino a ora li hanno governati, e chiedono un’inversione di rotta, nella quale al posto di un’unità europea fondata sulle leggi che governano il denaro, il mercato e la finanza, ce ne sia una fondata sull’unita dei popoli, i quali, ognuno con la sua storia, con le sue tradizioni, con le sue potenzialità, possano concorrere al bene comune basato sui valori cardine dell’uomo e della sua umanità.

L’uomo europeo, e non solo, è oggi in completa balia degli eventi che si susseguono convulsamente. Non ha regole etiche e ideali a cui ispirarsi, a cui far corrispondere i propri pensieri e le proprie azioni. E non ha più nemmeno la fede in un Dio che lo possa guidare nel suo travagliato cammino e lo aiuti a riscoprire il senso della vita e la bellezza che lì è insita.

Quello attuale lo potremmo definire un tempo d’attesa. Nel quale sperare in un nuovo rinnovamento, così come accadde in concomitanza con la caduta dell’impero romano, quando tutto sembrava andar in rovina e l’avvento dei barbari stravolgere quanto fatto in termini di civiltà e di cultura fino a quel momento. 

La speranza allora prese il volto di San Benedetto, che con la fondazione dell’ordine dei benedettini e con la semplice formula ora et labora, contribuì a una lenta e profonda rinascita.

Si cominciò con la coltivazione della terra e con l’aggregazione di piccole comunità di contadini, donne e uomini di buona volontà che ritrovavano nell’amore per la natura e per i sui frutti, per le relazioni interpersonali fondate sulla semplicità e sul rispetto e nella fede in un Dio che sembrava perduto, un’unità di valori e di intenti stimolante e fortificante.

Ma non solo. Col tempo, in queste comunità maturò l’amore per la conoscenza, per la scuola e quindi per la cultura e la bellezza. 

Sulla spinta dell’attività degli amanuensi si poterono riscoprire opere che sarebbero state le pietre miliari di un sentimento culturale e artistico che abbraccerà l’intero Continente e risulterà la base del suo sviluppo futuro.

L’Europa sbocciò dalla sintesi benedettina di trascendente e terreno, nella quale trionfava il “prendersi cura”, della terra, della natura e dell’altro. Un umanesimo che fu anima dell’Europa, pensiero e azione ispirati dal considerare la realtà il compito che Dio concede all’uomo per il suo splendore e per quello dei suoi fratelli.

Un sentimento che oggi dovremmo ritrovare se vogliamo ricreare un clima di speranza e di fiducia nelle persone e nei popoli, coscienti che la vita di ogni essere non viene che dalla liberazione delle energie interiori, ora frenate da individualismo e nichilismo. 

Un clima capace di favorire un nuovo Rinascimento fondato sui veri bisogni dell’umanità, sui valori condivisi, sul senso di solidarietà, di mutualità, sul rispetto dell’amore per le origini, per la terra, per le storie e tradizioni altrui, che non vuol dire alzare muri o barriere verso l’altro, ma creare motivi di comprensione e di considerazione per i percorsi e i valori dei popoli che insieme condividono il senso e la forza di una Patria comune. 

E non ultimo dovremmo riscoprire un sentimento di fede in un’entità ultraterrena che unisce e guida.

Perché l’uomo e il mondo tutto, senza un’etica di fede, di trascendenza, diventano oggetto del caso, teatro del fato e non del destino. Scenario in cui la legge del più forte governa ogni alito di vita, abbattendo qualsiasi impulso che tende a elevarsi, a esprimersi in termini di civiltà, di libertà, di bellezza e non ultimo, di sentimento.

Romolo Paradiso

 


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