Giustizia

Ex senatore fu infangato da un pentito, Filippi è prosciolto ma vende l’azienda

di Ivano Tolettini -


Una colossale macchinazione, in seguito alla quale Alberto Filippi ha subito danni ingentissimi a causa di un processo mediatico che si è trasformato nella solita macchina del fango. Così devastante da indurlo a vendere il 70% della sua azienda chimica a un gruppo multinazionale austriaco. Con l’archiviazione le infamanti accuse all’imprenditore ed ex senatore Filippi sono state spazzate via. Il pentito Domenico Mercurio si era inventato che gli avesse commissionato l’attentato ad Ario Gervasutti, fino al 2016 direttore del Giornale di Vicenza, ed oggi caporedattore del Gazzettino di Venezia. A quattro anni e mezzo dall’inizio delle indagini – era il novembre 2020 -, di cui gli ultimi venti mesi diventati pubblici dopo l’avviso di conclusione dell’inchiesta che all’ex proprietario di Unichimica, azienda vicentina di Torri di Quartesolo, hanno avvelenato l’esistenza per le accuse infondate, la verità è scolpita nel decreto di archiviazione del tribunale di Venezia. “Da agosto 2023 ho vissuto un incubo che non auguro al peggior nemico – afferma il 59enne Filippi – causato da un collaboratore di giustizia ’ndranghetista che mi ha calunniato per danneggiarmi”. Filippi ha patito conseguenze economiche a tal punto pesanti che nei giorni scorsi ha formalizzato la vendita del 70% della sua società chimica al colosso austriaco del settore, Donau Chemie, rimanendo azionista col rimanente 30%. “Ho vissuto un momento difficile di tensioni finanziarie a causa di questa vicenda ed ho ritenuto meglio cedere parte della società perché il nuovo proprietario è molto serio e professionale. L’azienda è stata messa in sicurezza e il nuovo assetto garantisce anche i dipendenti”. Nel 2023 Unichimica aveva fatturato 53 milioni di euro con un ebitda di oltre 6 milioni. Ad accendere la macchina del fango, con il corollario di un affrettato processo mediatico in Tv e sui giornaloni, fu dunque il pentito Mercurio. Che catapultò Filippi nel tritacarne di un’inchiesta dell’antimafia di Venezia come ipotetico mandante di una intimidazione a colpi di pistola ai danni di Gervasutti, pur sapendolo estraneo. Una gigantesca calunnia. L’intimidazione avvenne il 16 luglio 2018, a Padova, quando sconosciuti spararono all’abitazione del giornalista. Le date sono importanti. Un vile attentato di cui Filippi non ha responsabilità come riconosce il Gip Carlotta Franceschetti che ha archiviato il fascicolo per infondatezza della notizia di reato. Ad esempio la fattura di 25 mila euro indicata da Mercurio come il corrispettivo dell’attentato, era in realtà il pagamento di un acconto per la fornitura di infissi. Tutto documentato e lo stesso pentito lo riconosce in una registrazione. “Ascolta Alberto, di illegale tu non hai fatto niente, però devi capire”, afferma Mercurio conversando con Filippi. Costui, parlamentare per due legislature dal 2006 al 2013, da questa vicenda ha subito danni milionari perché molti operatori economici e bancari presero subito le distanze. Mercurio ha inventato di sana pianta una storia degna di Gomorra per vendicarsi di una cessione di credito per i lavori di ristrutturazione di una villa dell’industriale da cui sosteneva di averci rimesso. Filippi replicava carte alla mano che non era vero. Da Ferragosto 2023, quando il caso mediatico esplose anche sul Corriere della Sera in prima pagina, fino al giugno 2024, quando il Procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, e il sostituto Stefano Buccini, accolsero la richiesta di archiviazione degli avvocati Cesare Dal Maso e Renzo Fogliata, Filippi è stato sulla graticola giudiziaria. I Pm hannonarchiviato anche lo zio del collaboratore di giustizia, Santino Mercurio, indicato come presunto sparatore, e dell’artigiano veronese Stefano Vinerbini. A tutti era contestata l’aggravante mafiosa per le dichiarazioni del pentito che sosteneva che Filippi avrebbe conosciuto – circostanza non vera -, la famiglia ‘ndranghetista Giardino di cui avrebbe agevolato l’infiltrazione. La genesi dell’inchiesta affonda nell’autunno 2020, anche se tutto inizia nella primavera ’18, quando Filippi per ragioni di lavoro conosce l’impresario crotonese Mercurio, 52 anni, trapiantato nel Veronese e organico al crimine mafioso. Succede quando l’imprenditore contatta Vinerbini, titolare della Magnum Blindati, società a cui si era già rivolto anni prima per la fornitura di infissi corazzati nella villa di Arcugnano. Quando l’industriale incarica dei lavori la ditta scaligera, non sapeva che nel frattempo era stata infiltrata dalla ’ndrangheta. È il maggio 2018, due mesi prima dell’attentato a Gervasutti, quando Filippi affida alla Magnum Blindati lavori per quasi 1 milione di euro in un immobile chiamato la “Villa Gialla”. Filippi spiega a Vinerbini, che in quella occasione gli presenta Mercurio, che per pagargli la ristrutturazione avrebbe dovuto cedergli un credito (scontato del 50%) di 800 mila euro vantato con un cliente lombardo. I rapporti tra Filippi e Mercurio, dunque, erano economici, riscontrati da fatture. A giugno 2020, due anni prima c’era stato l’attentato a Gervasutti, Mercurio è arrestato. Pochi giorni dopo Filippi per timore di una pesante ritorsione paga 7.500 euro a un intermediario dei Mercurio che minaccia famiglia e azienda. A settembre Domenico si pente e il 18 novembre 2020 ai Pm racconta che ricevette 25 mila euro con una falsa fattura della Magnum Blindati emessa a Unichimica nel giugno 2019. Il movente? Mercurio spiega che Filippi era arrabbiato con Gervasutti (che da due anni non era più direttore del GdV, ma il pentito non lo sapeva) per un articolo su un inquinamento. Che in realtà fu pubblicato mesi dopo l’attentato. Mercurio accusò anche Filippi di avergli commissionato un attentato incendiario contro la ditta toscana Toscolapi. Anche da questo episodio Filippi è stato scagionato. Tutte invenzioni, come il fatto che da anni Filippi avrebbe avuto legami con i vertici della locale di ’ndrangheta di Verona e che periodicamente avrebbe chiesto ai calabresi di attivarsi nel distretto di Arzignano per il recupero crediti. “Falsità dimostrate per tabulas. Una montagna di fango. È allucinante”, ripete l’ex politico. Dopo che Mercurio accusò Filippi, il 21 novembre 2021 i due si incontrarono e il calabrese chiese a Filippi, che registrò l’incontro e consegnò il file audio agli inquirenti perché era la “super prova della sua innocenza”, somme di denaro per i lavori in villa. Mai nel colloquio di cinque ore fece riferimento all’attentato a Gervasutti. Si parla solo di contabilità del cantiere oggetto del contenzioso. Ecco perché i Pm scrivono della “perdita di credibilità del Mercurio le cui dichiarazioni non sono idonee a provare ogni oltre ragionevole dubbio la propria responsabilità e dei soggetti da lui chiamati in correità”. Come aveva già scritto il tribunale di Verona in un altro procedimento: è “del tutto mancante il requisito della credibilità soggettiva nel collaboratore Mercurio”. Una magra consolazione per chi è stato protagonista suo malgrado del processo mediatico che l’ha massacrato. “Filippi è la vittima di un comportamento criminale da parte del pentito che ha inventato e gli investigatori inizialmente l’hanno preso per oro colato”, attaccano gli avvocati Dal Maso e Fogliata, che hanno smontato il castello di accuse fabbricato con bugie. L’archiviazione “è la fine di una macchinazione contro Filippi – concludono i legali -, che ha patito sofferenze di cui chiederà conto nelle sedi opportune”.


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