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Fabbriche e moschee: Così la jihad spaventa l’Italia

di Domenico Pecile -


Fabbriche e moschee: Così la jihad spaventa l’Italia

Un terzo degli abitanti, una grande enclave di oltre 9 mila 520 residenti al 15 ottobre su 30 mila residenti. Di questi, 5120 sono bengalesi; la metà sono donne. Ma tra gli immigrati ci sono anche molti non residenti e dunque non registrati all’anagrafe: si arriva anche 1500-2000 presenze in più. Operai che dormono nelle foresterie delle ditte subappaltanti. Molti, moltissimi sono integralisti. Le loro mogli, le loro figlie sono obbligate a uscire di casa nascondendo tutto il viso. Le loro tradizioni duramente patriarcali sono intoccabile, chi la mette in discussione è punito. Quattro ragazzine sono riuscite e denunciare i soprusi in famiglia. Una di loro è stata affidata ai servizi. Dopo la strage in Israele nessuno ha condannato Hamas. Hanno i loro luoghi, le loro frequentazioni, i loro negozi. Monfalcone è questa. Una città nella città dove – complice una politica dei bassi salari di Fincantieri – l’immigrazione fuori controllo ha impattato senza controlli demografici e di prospettiva. Non c’è stata – non certo da parte del Comune – nessuna valutazione di sostenibilità. Coesistenza e integrazione sono parole svuotate del loro significato.

Il sindaco, Anna Cisint, da sempre in prima linea contro quella che definisce la deriva “è per la linea dura”. Invoca l’aiuto dello stato per garantire maggiore sicurezza. E parla apertamente di clima teso, di pericolo integralista. “Non temo di essere oggetto di continui attacchi soltanto perché esigo il rispetto delle regole. Ai miei detrattori ripeto che io non sono razzista. Il nostro welfare finisce in buona parte agli immigrati. L’integralismo c’è, eccome. Discutendo con un gruppo di bengalesi mi è stato detto che a loro non interessa l’integrazione perché tosto o tardi si sostituiranno a noi. Assistiamo a un aumento dell’integralismo destinato a impadronirsi di tutto quello che riesce. Lo fanno in maniera chirurgica, acquistano tutto quello che riescono grazie a una sorta di fondo cassa. Abbiamo spalancato le porte e adesso…”. Cisint ne ha per tutti. Anche per Fincantieri che grazie alle politiche di salari a bassissimo costo – sottolinea – non può lavarsi le mani. Già, Fincantieri ha effettuato una delocalizzazione al contrario importando mano d’opera che fino a pochi anni fa pagava anche 5 euro lorde l’ora. “Schiavi”, come li definisce il primo cittadino. Che punta il dito contro queste politiche che incentivano la fuga dei nostri giovani e dei nostri lavoratori. Si, Fincantieri potrebbe essere una grande platea in prospettiva occupazionale e invece ha fatto diventare Monfalcone “il suo spogliatoio”. Cisint ha chiesto un incontro urgente con questore e prefetto proprio in seguito alla crisi mediorientale. “Non è più una questione politica – aggiunge – ma di sostenibilità. Non siamo più tranquilli. Temiamo la deriva integralista. L’altro giorno a una manifestazione in cui comparivano bandiere israeliane, i ragazzini ci facevano il dito medio. Basta calare le braghe”.

Monfalcone peggio di Suzzarra, dove i musulmani sono addirittura più degli italiani e dove la tensione si taglia a fette. Di sera scatta una sorta di coprifuoco. Le aggressioni non si contano più. La lingua italiana è di fatto soppiantata dall’arabo e dal francese. E la situazione è peggiorata dopo le immagini devastanti che arrivano da Israele e dalla striscia di Gaza che hanno messo a dura prova la decennale virtuosa convivenza tra italiani e stranieri. E intanto tutta Italia si blinda: più agenti, più controlli alle frontiere, stop a Schengen, perquisizioni di auto e soprattutto furgoni e camion. Trecentocinquanta uomini di rinforzo sono stati inviati ai valichi con la Slovenia. Nel mirino della nostra intelligence – che ripete di evitare allarmismi, ma che poi aggiunge che le minacce vanno prese sul serio – sono finite le moschee (otto quelle riconosciute a cui si aggiungono 1200 luoghi di culto) e le predicazioni degli imam che ogni giovedì sono obbligati a mandare alla polizia la predica che leggeranno durante la preghiera del venerdì. Fari accesi anche sui Foreign fighters: quelli monitorati sono 146. Per evitare quello che il premier Meloni definisce “il rischio emulazione” sono stati rafforzati gli obiettivi sensibili: soltanto a Roma sono 4 mila, 400 dei quali nell’elenco di quelli maggiormente vigilati. Insomma, il livello di vigilanza è ai massimi livelli da più di 20 anni, vale a dire dall’11 settembre. Ma si teme anche per possibili episodi terroristici anche nei centri commerciali. L’intelligence è anche al lavoro nelle nostre carceri, spesso luogo di reclutamento di nuovi “lupi solitari”. I controlli sono stati intensificati anche in alberghi, hotel e altre strutture di ricezione. L’impegno contro la chiamata dell’Isis alla Guerra santa contro gli infedeli non concede tregua.


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