Politica

Fabio Petrella (FdI): “Europa più concreta: meno burocrazia e più politica”

Il deputato di Fratelli d'Italia sulle esigenze economiche e politiche tra Italia ed Europa

di Cinzia Rolli -


Sulle crisi internazionali, non possiamo continuare con risposte lente, disorganiche e a trazione franco-tedesca: serve un’Europa della solidarietà concreta, che si attivi per aiutare chi soffre e per sostenere i popoli colpiti, ma senza dimenticare mai gli interessi delle nazioni che la compongono. La collaborazione si costruisce sull’equilibrio, non sull’imposizione”. Lo dichiara Fabio Pietrella deputato di Fratelli d’Italia, rispondendo ad alcune domande su Europa ed economia.

È risaputo che gli italiani sono grandi risparmiatori. Cassa Depositi e Prestiti sostiene la crescita di imprese, pubbliche amministrazioni e investitori. Quali sono le esigenze di finanziamento più attuali?
“Gli italiani sono da sempre un popolo previdente, attento al futuro e capace di fare sacrifici. Questo spirito si traduce in un risparmio privato imponente, che rappresenta una forza potenziale straordinaria per lo sviluppo del nostro Paese. La vera sfida oggi è trasformare questi risparmi in investimento produttivo. Le esigenze più attuali sono quelle delle micro, piccole e medie imprese, vera ossatura dell’economia italiana, che chiedono liquidità stabile, accessibile e non condizionata da vincoli astratti, spesso imposti da una visione europea troppo lontana dalla realtà produttiva. La Cassa Depositi e Prestiti, lo dico anche come membro della commissione di vigilanza, deve continuare a fare da volano per questo processo, diventando strumento strategico per la sovranità economica nazionale, intervenendo in settori chiave come energia, infrastrutture, filiere produttive e innovazione. Dobbiamo sostenere chi crea valore e occupazione nel Paese, non chi vive di rendita o speculazione”.

L’Italia sta tornando grande protagonista anche nel settore del turismo: perché solo negli ultimi tempi si è pensato a rafforzare questo nostro punto di forza?
“Purtroppo il turismo, per anni, è stato considerato come qualcosa che ’funziona da sé’. Un errore madornale. Abbiamo lasciato che la forza della nostra bellezza parlasse da sola, senza una strategia. Il risultato è stato un patrimonio straordinario, ma spesso mal gestito, sfruttato male, o peggio, abbandonato. Oggi, grazie al lavoro del governo Meloni, stiamo cambiando passo. Roma ne è l’esempio lampante: cultura, design e moda, accoglienza e ristorazione tornano a essere un sistema integrato, un progetto. Il turismo non è solo vetrina, è industria, e va trattato come tale. Abbiamo finalmente capito che dietro ogni mostra e ogni sfilata c’è una filiera economica da sostenere. E lo stiamo facendo con investimenti, visione e soprattutto orgoglio identitario”.

Come si può potenziare concretamente in Europa la collaborazione tra Stati membri per affrontare le gravi crisi internazionali e i problemi sociali più gravi?
“Servono meno burocrazia e più politica. La vera collaborazione nasce quando c’è una visione condivisa, non quando si impongono direttive calate dall’alto. L’Europa dovrebbe diventare una comunità politica di popoli, non solo un’unione monetaria o normativa. In questo senso, l’Italia può e deve guidare un cambio di paradigma: più ascolto delle esigenze locali, più rispetto per le specificità nazionali. Sulle crisi internazionali, non possiamo continuare con risposte lente, disorganiche e a trazione franco-tedesca. Serve un’Europa della solidarietà concreta, che si attivi per aiutare chi soffre e per sostenere i popoli colpiti, ma senza dimenticare mai gli interessi delle nazioni che la compongono. La collaborazione si costruisce sull’equilibrio, non sull’imposizione”.

In cosa pecca l’Europa unita rispetto ai singoli Stati?
“L’Europa, purtroppo, pecca di astrattezza e di distanza dai cittadini. Molto spesso le decisioni prese a Bruxelles sembrano pensate da tecnocrati che non hanno mai messo piede in una bottega artigiana, in un laboratorio o in un’azienda manifatturiera. L’unione europea ha fallito laddove ha preteso uniformità in contesti che richiedevano flessibilità. In particolare, ha sbagliato nel non tutelare le nostre eccellenze produttive, lasciando che la concorrenza sleale, la contraffazione e i diktat green danneggiassero settori chiave come moda, agroalimentare e turismo. Serve un’Europa che difenda le identità nazionali e valorizzi le competenze locali, e non che le schiacci in nome di una presunta modernità senza anima”.

Che sensazione prova da uomo e non da politico a rappresentare l’Italia in contesti internazionali?
“È una responsabilità che porto prima di tutto come italiano, figlio di questa terra straordinaria, fatta di bellezza, ingegno, sacrificio e resilienza. Ogni volta che rappresento l’Italia all’estero, sento di dover dare voce a chi lavora, a chi produce, a chi resiste ogni giorno contro le difficoltà, spesso in silenzio. Non parlo mai solo per me, ma per quel mondo fatto di botteghe, distretti, aziende familiari che incarnano il vero spirito del Made in Italy. Come uomo, provo orgoglio e gratitudine, ma anche un forte senso del dovere: quello di non tradire mai le mie radici e di battermi sempre per un’Italia che non si accontenta del passato, ma costruisce con forza il proprio futuro”.

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