Economia

Clima, Ai e industria: il mondo ha fame di energia

Il report Iea sul gas, le strategie di Big Tech e il problema (globale) del caldo

di Giovanni Vasso -


Fame d’energia. Dal condizionatore fino ai data center. Ce lo diciamo da tempo: il mondo sta cambiando e, per farlo, ha bisogno di energia. Di cui ha sempre più fame. Gli scenari globali sono sempre più interessanti perché è dai Paesi in via di sviluppo che aumenta la richiesta di corrente. E dunque di materie prime, di tecnologie, di produzioni.

A tutto gas: fame d’energia

A cominciare dal gas. Ieri l’Iea, l’agenzia internazionale dell’energia ha pubblicato il report annuale legato proprio alla materia prima fossile che, tra le vendite (più o meno) imposte e le sanzioni minacciate da Trump, è sotto i riflettori. Nel 2024 la domanda è cresciuta. All’inizio di quest’anno il trend si è confermato ma sembrava un po’ in discesa. Se non altro, per l’incertezza sui mercati e a causa dei problemi geopolitici che si sono registrati in questi mesi a dir poco turbolenti (ricordate la guerra dei dodici giorni tra Israele e Iran e l’incubo della chiusura dello stretto di Hormuz?). Ma, secondo gli analisti Iea, la domanda è pronta a decollare nel 2026 quando salirà, su scala globale, del 2%. Per avere la percezione di quanto gas sia stato e sarà effettivamente consumato in tutto il mondo è necessario dare una scorsa ai numeri. Nel 2024 sono stati venduti e utilizzati 4,21 trilioni di metri cubi di gas. La stima, per quest’anno, è a 4,27 trilioni. Quella per il 2026 prevede un consumo ancora maggiore che si aggirerà attorno ai 4,35 trilioni di mc. Ma perché continua a salire il consumo di gas? Semplice, perché lo usano (e vogliono) tutti. India e Cina ne hanno bisogno, per le imprese ma pure per le necessità di una popolazione sempre numerosa ma sempre meno povera. L’Europa, nonostante il conflitto con la Russia e le sue ambizioni green, ha leggermente aumentato i suoi consumi nel corso dell’ultimo triennio. A proposito di Mosca, secondo l’Aie le sanzioni minacciate dall’America di Donald Trump stanno già pesando (e non poco) sugli affari delle aziende energetiche russe che sconterebbero un crollo dell’export pari al 7%.

La sfida del clima(tizzatore)

Si consuma di più perché si ha più fame di energia. E, in futuro, se ne avrà sempre di più. Perché la tecnologia avanza e non si torna indietro. Mettete il caso dei condizionatori. Ieri Terna ha riferito che nel mese di giugno scorso, in cui si sono registrate temperature superiori di almeno due gradi rispetto alle medie decennali, i consumi elettrici si sono stabilizzati a 27,6 miliardi di chilowattora. Un valore in netto aumento (addirittura +7,4%) rispetto a un anno fa. Se, dunque, il mondo diventa un posto sempre più caldo allora, come ha riferito l’Ifo, ossia l’istituto di ricerca tedesco, diventerà necessario investire di più nei sistemi di condizionamento “per proteggere le persone dalle conseguenze del riscaldamento globale”. Una decisione che, alla base, presuppone una disponibilità a un maggior consumo di energia: “Ecco perché sono urgentemente necessarie soluzioni che forniscano più energia, promuovano una maggiore efficienza energetica, città più fresche e cambiamenti nei comportamenti”, dicono dall’Ifo. Non è certo una banalità quella del caldo. Un anno fa, in India, si è rischiata una crisi energetica spaventosa proprio a causa del diffuso utilizzo di sistemi di condizionamento e di ventilatori. Un fatto che, quest’anno, ha spinto la politica indiana a voler adottare una strategia più stringente per evitare che il Paese finisca stritolato tra i blackout. Ma il limite massimo di sui condizionatori, mai sotto i 20 gradi né sopra i 28, ha fatto insorgere un vespaio di polemiche infinite.

Nucleare e Big Tech

Un altro (grande) tema legato all’energia è quello della digitalizzazione. A Big Tech, ai padroni del vapore digitale serve energia. E tanta, ne servirà sempre di più, per tenere in funzione data center e infrastrutture al servizio di server e connessioni. Soprattutto ora, con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale che promette di traghettare il mondo verso una nuova era. Nessuno, dunque, si sconvolge più se sono proprio le grandi multinazionali digitali a investire nell’energia. Con l’ambizione di farsela da sé. Puntando, magari, sul nucleare. Mark Zuckerberg, accantonati i sogni (fallimentari) del Metaverso, ha lanciato a giugno scorso la call per chiedere chi gli potesse costruire centrali con una capacità di produzione da 4GW: intanto sovvenziona attività green per comprare crediti compensativi per le emissioni e continuare a usufruire di una centrale in Illinois. Jeff Bezos ha finalmente potuto rinsaldare l’alleanza atomica con Talen, che fornirà elettricità per i data center fino al 2042. Google invece ha bussato (anche) in Italia e ha sottoscritto, nelle scorse settimane, un’intesa per sviluppare i progetti per la fusione portati avanti (anche) da Eni e dal Mit. Fame d’energia.


Torna alle notizie in home