Politica

Fedriga: finalmente l’Ue parla di Balcani ora un piano comune

di Domenico Pecile -


“Questa è la strada giusta, perché o c’è una linea comune europea oppure si continuerà a lavorare per tentativi, ogni Stato per contro proprio senza quella regia necessaria per affrontare quella che va oltre l’emergenza perché si tratta ormai di un fenomeno congiunturale. E la regia unica non vale ovviamente soltanto per la rotta balcanica, ma per tutte le vie d’accesso utilizzate dagli immigrati, anche se la prima fino ad ora ha avuto meno attenzioni risetto rispetto a Lampedusa”. Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia accogli dunque con favore i segnali che arrivano da Bruxelles. Del resto, nell’intervista che aveva rilasciato al nostro giornale pochi giorni, si era dimostrato perentorio: “Nell’incontro con il presidente della Slovenia, Borut Pahor, abbiamo convenuto sulla necessità di coinvolgere tutti i Paesi della rotta balcanica per affrontare il problema a livello europeo. Un singolo Paese, infatti, non può essere in grado di dare risposte”. Fedriga ha pure ripetuto che un eventuale accordo con Slovenia e Croazia deve essere favorito dal nuovo governo perché non lo può fare la Regione, “cosa che abbiamo chiesto più volte in passato ma, che abbiamo ribadito anche ora. Ripeto, sono fiducioso perché finalmente si è compreso che quella della rotta balcanica è un’emergenza importante perlomeno quanto Lampedusa”. Troppo spesso infatti è stato fatto l’errore – è quanto affermano tutti gli amministratori del Fvg – di considerare esclusivamente gli ingressi via mare, mentre gli arrivi attraverso la “porta” di Trieste, che sono ormai una “processione” continua, a tutte le ore del giorno e della notte, sono sempre stati sottovalutati. Ora, però, l’emergenza è sotto gli occhi di tutti. La polizia di Frontiera di Trieste nelle ultime settimane ogni giorno intercetta dalle 100 alle 150 persone che tentano di entrare clandestinamente. E quelle che sfuggono ai controlli – è ancora il parere della polizia – sono almeno altrettante. Ma di più le forze dell’ordine non possono fare. Di recente il segretario regionale generale del sindacato Siulp, Fabrizio Maniago – aveva sottolineato che la frontiera carsica non è controllabile in maniera sufficiente. Basti un dato paradigmatico: il confine del Fvg, da Trieste a Muggia comprende 140 chilometri. Insomma, un confine colabrodo anche se i migranti preferiscono arrivare direttamente a Fernetti, uno dei valichi più importanti verso la Slovenia, preferito infatti dai passeur. Questi hanno un’organizzazione consolidata ormai da anni. Quando abbandonano i migranti in prossim ità del confine, consegnano loro vestiti puliti, medicinale, saponette e quant’altro per far sì che diano meno nell’occhio quando transitano verso l‘Italia. Ne sono testimonianza i vestiti e le scarpe laceri e altre cose abbandonate in sacchi lungo i sentieri carsici che sbucano a Trieste. Del resto è Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – come rivelano Sialp e Sap – a rivelare che la pressione migratoria è senza dubbio più evidente in Fvg che a Lampedusa e che nei primi cinque mesi dell’anno gli immigrati in Friuli Venezia Giulia sno aumentato del 167%. E intanto in Fvg la situazione sul fronte dell’accoglienza è ormai allo stremo sotto ogni aspetto, da quello della sicurezza a quello sanitario. Le strutture, comprese Caritas e Ics, non ce la fanno più e da giorni lanciano il loro sos. Il Cpr Cara di Gradisca ospita 600 emigranti a fronte di una capienza stimata in 200 persone. Non a caso, solo a Gradisca d’Isonzo sono già una cinquantina i migranti che in questi giorni dormono in tenda o all’addiaccio. A molti sono giocoforza negati un pasto caldo e una doccia proprio per il sovraffollamento del Cara. Si è mossa anche la Chiesa che sta organizzando un’accoglienza “a bassa soglia”, ovvero la fornitura di un tetto per la notte. Ma accampamenti improvvisati si incontrano in diversi punti, come le stazioni, sia a Gorizia sia a Trieste. Sul tavolo del Capo della polizia, Giannini, c’è la richiesta congiunta dei questori di Trieste e di Gorizia per allestire un Hotspot (presente soltanto a Lampedusa, lamenta ancora la polizia di frontiera) da allestire lungo la fascia confinaria, possibilmente tra Gorizia e Trieste che distano circa 45 chilometri. Secondo i due questori dovrebbe trattarsi di un luogo di transito e non di permanenza. Il presidente Fedriga conferma che la Regione si è già attivata per individuare un luogo idoneo che dovrà essere né in un centro abitato, ma nemmeno tropo distante. A Gorizia il prefetto Ricciardi ha annunciato di voler incontrare il sindaco Ziberna per cercare di attrezzare una seconda mensa al Cara di Gradisca d’Isonzo (Go), mentre a Trieste il prefetto Vardè si è rivolto ai Comuni dell’area giuliana per reperire quanto prima altre strutture “tampone” in vista dell’inverno. Ma la disponibilità cozza con la scarsità di offerta di posti letto o luoghi di ricovero e con la cosiddetta accoglienza diffusa che non incontra il favore della Giunta regionale. Da parte sua, l’assessore alla Sicurezza, Pierpaolo Roberti, conferma che la realizzazione dell’Hotspot è all’esame proprio in questi giorni. Roberti, ha ribadito anche – come aveva riferito al nostro giornale – che vanno ripristinate le pattuglie miste e i r spingimenti in Slovenia. Roberti ha pure confermato una volta di più, unendosi alla richiesta del suo presidente, la necessità di un accordo tra Italia, Slovenia e Croazia per fermare o perlomeno fare da filtro agli immigrati ai confini dell’Ue.


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