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Fernando Termentini, intervista postuma: “Io vittima del dovere? No, dell’uranio impoverito”

di Redazione -


di ANNA GERMONI

La scomparsa del giornalista Franco di Mare ha dato modo di squarciare il velo di omertà sull’uranio impoverito e i metalli pesanti. Il generale di brigata dell’Esercito, Fernando Termentini, mi cercò per un’intervista nel 2020, in piena pandemia. Era contento per la sua dignità, giustizia giusta. Le sue battaglie, per i tanti, troppi militari morti e affetti da cancro in servizio. Sapeva di avere poco da vivere. Ci stopparono l’intervista. Del Genio, uno dei massimi esperti a livello mondiale nel settore della bonifica degli ordigni esplosivi (UXOs) e delle mine, morto il 19 maggio 2023. Pubblichiamo le sue ultime parole postume affinché si possa dire, basta con le censure di Stato.

Parliamo della sua vicenda. Quali teatri operativi ha guidato?
«Ho operato in prima persona in Somalia, Kuwait, prima Guerra del Golfo, Pakistan a favore dei rifugiati afgani, Bosnia Herzegovina. Mi sono ammalato nel 2003».

La Difesa le ha riconosciuto i danni?
«La Difesa mi ha concesso la qualifica di “vittima del dovere” ammettendo di fatto la concausa di dove ho operato ed i problemi fisici di cui sono affetto. Non mi ha ancora riconosciuto il danno biologico nonostante tre sentenze e malgrado che il ctu della Difesa mi abbia riconosciuto il 100% di invalidità».

Una causa dal 2009 ancora oggi pendente?
«Sì, la vicenda giudiziaria è iniziata nel 2009. Ad oggi non ancora definita perché nonostante le sentenze favorevoli la Difesa non si decide a quantificare il danno. Dopo circa 20 interventi chirurgici da me subiti l’unica proposta che mi è stata fatta è di 100.000 euro a fronte di una quantificazione del TAR che mi ha riconosciuto un danno risarcibile con più di un milione di euro».

Perché la Difesa sceglie la via tortuosa dell’indisponibilità di risorse finanziarie per indennizzi di cause di lavoro ingolfando la Magistratura, piuttosto che prevenire e proteggere la sicurezza e la salute dei suoi militari?
«Bella domanda! Forse perché chi gestisce il problema presso la Difesa è un ufficio dove impera la burocrazia amministrato da persone che vestono l’uniforme come un qualsiasi abito da lavoro ma che mai hanno rischiato nella loro vita in teatri operativi ad alto inquinamento ambientale. Peraltro pagare significa riconoscere la colpa ed essere sottoposti ad indagine da parte della Corte dei Conti. Io appena presa conoscenza del problema sanitario che ci stava coinvolgendo attivai immediatamente l’allora capo di Sme (Stato maggiore Esercito, ndr), nell’aprile 2004, fornendo dei consigli tecnici. La risposta fu: “Grazie, non si preoccupi i miei esperti stanno occupandosi della vicenda. Auguri per la sua… ”».

Ha ricevuto direttive inerenti rischi di minacce nucleari quando era all’estero?
«Assolutamente no! Se qualcuno volesse affermare il contrario lo invito a presentare la documentazione che si riferisce allo specifico problema. Ciò nonostante mi risulta che gli USA nel 1994 avevano avvertito sui pericoli indotti dalla presenza del DU (depleted uranium, ndr) sui territori».

Come si fa ad operare in totale sicurezza in scenari internazionali dove l’imprevisto è ovunque?
«Facendo leva sulla propria preparazione professionale e pensando allo scopo per cui si opera. Nel mio caso la sicurezza della popolazione civile».

Uranio impoverito, “il Coi non dispone di comunicazioni o informazioni di uso di particolare munizionamento da parte dei Paesi e coalizioni che potrebbero aver utilizzato nei teatri oggetto di schieramento di truppe italiane”. Questa la relazione del colonnello Lo Giudice in commissione parlamentare d’inchiesta del 9 marzo 2017, cosa ne pensa?
«Forse hanno smarrito qualcosa o fanno finta di non averlo letto. Comunque, ammesso che nulla sanno ufficialmente era sufficiente leggere i quotidiani dell’epoca e non tapparsi occhi ed orecchie per non ascoltare o leggere le decine di servizi giornalistici che agli inizi degli anni 2000 quasi ogni giorno trattavano l’argomento. Fra tutti un articolo intitolato “Uranio Impoverito un Generale denuncia la Difesa”, quel Generale ero io! Affermare di non conoscere l’argomento è offensivo!».

Il Generale Roberto Vannacci prima e il tenente colonnello Fabio Filomeni poi, hanno denunciato per omessa tutela la Difesa, per “l’uso su larga scala di uranio impoverito in Iraq sin dal 1991” . Imbarazzante…
«Bene sono pronto ad essere citato come teste».

Stando alle loro dichiarazioni sui media, “l’unica protezione dall’uranio impoverito era quella di ridurre il tempo di esposizione”. Un fatto gravissimo se confermato dalla magistratura…
«Fortunati loro che almeno erano a conoscenza di questo particolare. Comunque non bisogna dimenticare i problemi derivanti dalle nano particelle metalliche che si depositando su un’area dove è stato impiegato che se inalate producono danni irreversibili all’apparato respiratorio ed ai reni. Non a caso a me è stato asportato tutto l’apparato urinario, sono stato operato ai polmoni e sono in dialisi per insufficienza renale cronica».

I ministri della Difesa che si sono succeduti, erano informati secondo lei?
«A mio avviso sì. Lo dimostra una risposta scritta ad un’interpellanza agli atti della Camera dell’attuale Presidente della Repubblica, all’epoca ministro della Difesa».

Come mai su questa vicenda annosa da Palazzo Baracchini a Palazzo Chigi non c’è un commento?
«Viene applicato il vecchio detto: chi tace acconsente!».

Nemmeno dal Quirinale…
«Il Presidente Mattarella dovrebbe rinnegare quanto affermato nel 2000 da ministro».

Se avesse saputo prima dei rischi conseguenti all’esposizione da uranio impoverito, sarebbe andato a bonificare campi minati per salvare persone nelle “valli della mattanza”?
«Quando un militare giura fedeltà alla Patria non pone condizioni. Lo rifarei anche se lo Stato dimentica rapidamente e molti rappresentanti istituzionali rinnegano le loro responsabilità».


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