Il flop delle rinnovabili: nel secondo trimestre di quest’anno, il settore ha perso il 29% rispetto all’anno precedente. I numeri dell’Osservatorio Fer di Anie non lasciano scampo: il mercato italiano per le rinnovabili boccheggia e le cause sono da rintracciare, tra le altre cose, nel guazzabuglio normativo che, invece di regolamentare il settore, ne sta frenando la crescita. Al punto che, secondo gli analisti dell’Osservatorio Fer-Anie, se continua così l’Italia mancherà gli obiettivi che il Paese stesso s’è dato nel decreto Aree Idonee.
I numeri del flop rinnovabili
Le cifre pubblicate ieri nel report raccontano di una decrescita (in)felice di un settore che sembrava in piena salute. Il fotovoltaico, simbolo stesso delle rinnovabili, ha perduto addirittura il 25%. Male il comparto per quanto riguarda gli impianti residenziali: -23%. Malissimo il settore legato alle attività industriali e commerciali che flette del 31%. Peggio ancora i progetti Large Utility Scale che crollano di quasi la metà rispetto all’anno passato: -48%. Resiste, però, l’Utility Scale che, segnando un’interessante controtendenza, ha registrato il +13%. I dati legati al periodo tra marzo e giugno riferiscono che, in materia di rinnovabili, sono stati istallati nuovi impianti per 1.183 megawatt di potenza. Di questi, ben 1.092 Mw afferiscono al comparto fotovoltaico. Seguono gli impianti eolici (84 Mw), più staccati idroelettrico e bioenergie (rispettivamente 5 e 2 nuovi MW). Nella prima metà di quest’anno sono stati istallati, complessivamente, 2,7 Gigawatt di nuovi impianti Fer. Non va bene, almeno secondo l’analisi dell’Osservatorio. Secondo cui, se il trend si confermasse questo anche nell’ultima parte del 2025, l’Italia mancherebbe l’obiettivo di 7,2 Gigawatt (così come riportato nel Dm Aree Idonee) di nuova capacità istallata fermandosi a soli 6 GW. E sarebbe un flop pesante per le rinnovabili. In tutto, stando ai dati aggiornati al 30 giugno, la capacità “rinnovabile” italiana ha una potenza di 79,36 Gw diffusa su oltre due milioni di impianti.
Cosa è successo?
Da Anie, l’analisi è impietosa. Ma, di fronte a questi numeri, un tentativo di capire quali siano le cause del flop va fatto. La prima motivazione è quella del ritorno dell’approccio Nimby che, secondo i produttori, sarebbe “dettato dalla diffusione talvolta di informazioni non corrette sul settore”. Insomma, l’opposizione che negli ultimi anni le comunità locali stanno facendo ai nuovi progetti legati all’eolico, per esempio. O, in diversi casi, anche al fotovoltaico nel nome della lotta al consumo di suolo agricolo. Ma il guaio vero, per Anie, si annida altrove. E va rintracciato in “un quadro normativo in continua evoluzione che non tutela gli investimenti in corso e che, sottoposto alle interlocuzioni con la Commissione Europea, potrebbe subire ulteriori modifiche”. Citano, da Anie, “le recenti vicende di Energy Release, la seconda asta del Fer X dedicata al solo fotovoltaico, la revisione del Testo Unico Fer, la soluzione alla saturazione virtuale della rete, nonché i ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato ed alla Corte Costituzionale in materia di Dm Aree idonee e Dl Agricoltura”. Una situazione che Anie non esita a bollare come “esplosiva” e da cui l’organizzazione dei produttori “auspica si possa uscire quanto prima per garantire maggior certezza agli investimenti, anche quelli in capacità produttiva. Sono a rischio anche molti degli investimenti che attingono ai fondi Pnrr”.
“Bene il Decreto Energia ma non basta”
Il presidente Anie Rinnovabili, Andrea Cristini, però vuol vedere il bicchiere mezzo pieno: “La bozza del nuovo Decreto Energia contiene segnali positivi: la clausola di salvaguardia sul diritto alla connessione si estende non solo ai progetti autorizzati, ma anche a quelli che hanno superato positivamente la valutazione ambientale. È un passo avanti, ma non basta”. Per Cristini, difatti, “è fondamentale includere anche i progetti validati da Terna, che hanno già ottenuto il benestare al Piano Tecnico Operativo (Pto)”. Il presidente Anie afferma: “Si tratta di attività avanzate, approvate dal gestore elettrico, che meritano tutela per non disperdere tempo e risorse già investite. L’obiettivo deve essere chiaro: garantire certezza agli investimenti, accelerare la realizzazione delle infrastrutture di rete e favorire lo sviluppo di fonti rinnovabili e sistemi di accumulo. Ogni ostacolo non risolto oggi – conclude Cristini – rischia di rallentare una transizione energetica su cui siamo già in ritardo e che sta mettendo sotto pressione l’intera filiera industriale”. Insomma, il rischio è che il flop rinnovabili si estenda anche a filiere diverse e, quindi, faccia pesare i suoi effetti su tutta l’economia.