Da qualche ora, ogni atto che riguarda la Global Sumud Flotilla è una mossa diplomatica. Il doppio intervento della premier Giorgia Meloni e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, vale come avviso per chi intende continuare a farne materia di propaganda e speculazione a fini elettorali. L’appello “alle donne e agli uomini della Flotilla” di Mattarella, pone i leader della flotta umanitaria, i parlamentari a bordo e i loro partiti di appartenenza di fronte al bivio che separa la responsabilità dall’irresponsabilità, l’interesse generale dalle mire particolari. “Il valore della vita umana, che sembra aver perso ogni significato a Gaza – ha sottolineato il Capo dello Stato – richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona”.
Gli attivisti della Flotilla sono a un bivio
Se il vero obiettivo è far pervenire gli aiuti raccolti alla popolazione in sofferenza, i promotori dell’iniziativa dovrebbero cogliere subito l’opportunità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, che consente di ottenere il massimo risultato con il minimo rischio. I due parlamentari e le due eurodeputate sulle navi, Arturo Scotto (Pd) e Marco Croatti (M5s) e Benedetta Scuderi (Avs) e Annalisa Corrado (Pd), hanno un ulteriore obbligo derivante dal ruolo istituzionale che ricoprono. Sergio Mattarella, da capo dello Stato e delle Forze armate, ha bilanciato sensibilità diverse e ragioni di vario tipo nel suo monito, che non si presta ad interpretazioni arbitrarie.
Le ricadute del rifiuto della proposta di Mattarella
Il nuovo muro contro muro di Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana della Flotilla, che ha rifiutato anche la mediazione del presidente della Repubblica, oltre ad essere molto pericoloso, è anche estremamente dannoso per tutte le parti in causa. Sostenere che la proposta equivalga a dire “che se ci vogliamo salvare ci dobbiamo scansare, perché chi governa non può chiedere a chi ci attaccherà di non farlo, anche se è illegale”, non aiuta nessuno.
Cosa potrebbe fare Israele
La Marina israeliana è pronta a intercettare la Flotilla diretta a Gaza con l’obiettivo di rompere il blocco navale. Il portavoce delle Idf, Effie Defrin, è stato molto chiaro. Le navi, come hanno spiegato gli esperti, potrebbero trovarsi di fronte ai primi veri ostacoli già entrando nella Zee Zona economica esclusiva di Israele.
Chi fa riferimento solo al regime giuridico ordinario (Unclos) che si applica per gli Stati costieri in pace, trascura il Diritto dei conflitti armati marittimi, dal momento che lo Stato ebraico è belligerante. Israele potrebbe bloccare la flotta umanitaria considerandola non neutrale in quanto portatrice di interessi di una parte belligerante ed impedirle l’accesso già al di fuori delle sue acque territoriali. Difficilmente il premier israeliano Benjamin Netanyahu cadrà nell’errore di far sparare sugli attivisti, innescando delle reazioni a catena di livello più alto. Più probabili appaiono dei controlli serrati a bordo con identificazioni ed eventuali fermi.
Il futuro della Striscia di Gaza
Delicata è anche la questione dei futuri assetti politici nella Striscia di Gaza, una volta cessate le ostilità. La scorsa settimana fonti di Times of Israel avevano riferito che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva autorizzato l’ex primo ministro britannico Blair a riunire gli attori regionali e internazionali attorno alla proposta di istituire un organismo di transizione per governare l’enclave palestinese alla fine della guerra, finché non potrà essere consegnata all’Autorità Nazionale Palestinese.
Il tycoon ha fatto sapere che “un accordo su Gaza è vicino”, dopo aver parlato con “Bibi” Netanyahu e con tutti i rappresentanti dei Paesi del Medio Oriente. Ha inoltre assicurato che non permetterà a Israele di annettere la Cisgiordania. Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha garantito un contributo alle iniziative congiunte per stabilizzare la regione.
L’Arabia Saudita ha annunciato infine la creazione di una coalizione internazionale di emergenza per finanziare l’Autorità Palestinese, con un contributo saudita di circa 90 milioni di dollari.