Attualità

Fu espulso dai 5Stelle, un tribunale lo risarcisce con 60mila euro

di Angelo Vitale -


Erano stati epurati, espulsi dai 5Stelle nove anni fa alla vigilia delle elezioni amministrative di Napoli solo per aver creato un gruppo Facebook: le cronache di allora li raccontano come “irriducibili”, erano 22 militanti grillini ma 16 accettarono subito una transazione e una lettera di scuse per l’atto che impedì loro di candidarsi, i sospesi iniziali erano addirittura 36, vittime di una vera e propria purga. I sei rimasti, si disse allora, preparavano una causa milionaria di risarcimento contro il movimento, una richiesta collettiva che poteva arrivare fino a 5 milioni di euro. Vicende analoghe a quelle che, in altri fronti, hanno impegnato talvolta per anni i militanti dell’allora Democrazia Cristiana o di altri partiti e movimenti, storie che spesso vengono poi dimenticate nei tribunali e dagli elettori o da questi rammentate solo per distanziarsi ulteriormente dalla politica.

Da qualche giorno, invece – quasi nella concomitanza del riavvio delle polemiche tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sull’uso del simbolo del movimento – questa è una storia che ha avuto un esito giudiziario. la rammenta la consigliera regionale campana ex 5Stelle Marì Muscarà: “Forse prima di pensare a riprendersi il simbolo del Movimento, Beppe Grillo dovrebbe pensare a risarcire chi ha cacciato ingiustamente, come accaduto a Napoli nel 2016”. La notizia è di pochi giorni fa: una sentenza del Tribunale di Napoli del 12 maggio scorso ha condannato il vecchio M5S – di cui Grillo risulta ancora rappresentante legale – a risarcire quasi 60mila euro all’avvocato Roberto Ionta, uno dei 36 attivisti di allora, sanzionati per aver semplicemente espresso dissenso in una chat privata su Facebook. “Erano attivisti, non militanti ciechi. E per questo sono stati messi alla porta – ricorda Muscarà –, colpevoli solo di aver posto dubbi sull’allora gestione napoletana targata Fico, il quale fu rinominato da Grillo, il signor “c’aggia fa”. Una gestione che, evidentemente, faceva paura a chi voleva il controllo totale delle candidature e delle dinamiche interne”.

La sentenza riconosce l’espulsione come illegittima e impone al Movimento e al suo fondatore un risarcimento per danni morali e perdita di chance. “È giustizia, sì, ma anche una pesante ammissione d’errore da parte di chi si riempiva la bocca di “democrazia diretta” e poi espelleva chi osava parlare” – afferma sarcastica la consigliera. “Ora Grillo minaccia azioni legali per riappropriarsi del simbolo. Ma la vera preoccupazione – aggiunge – è un’altra: e se anche gli altri 34 espulsi, esclusa la “spia”, facessero causa? Sessantamila euro moltiplicato trentaquattro fa una cifra che potrebbe spiegare molte uscite nervose degli ultimi giorni”.

Nel 2016, quegli attivisti dei 5Stelle protestarono anche con uno sciopero della fame per denunciare l’ingiustizia subita. “Non dimentichiamo – conclude Muscarà – che chi oggi blatera di simboli e valori, ieri ha calpestato la dignità di chi quei valori li ha difesi davvero, con coraggio e coerenza. Il tempo, a quanto pare, comincia a presentare il conto”.

Una vicenda che L’identità intende raccontare per intero, emblematica di un movimento sui cui comportamenti passati i due principali contendenti di oggi tacciono o glissano.


Torna alle notizie in home