Economia

FUGA DALL’EUROPA

di Giovanni Vasso -


Elon Musk fa ciao-ciao con la manina e se ne ritorna dritto negli States. L’Europa perde un altro pezzo di industria. Tesla, infatti, ha deciso di ridimensionare la produzione che è attualmente allocata nella megafactory di Berlino per tornarsene a casa, dove potrà usufruire dei mastodontici aiuti garantiti dall’Inflaction Reduction Act varato dalla Casa Bianca. La scelta di Tesla fa il paio con quella di Ford che, nelle scorse settimane, ha annunciato ben 3.800 esuberi tra Europa e Regno Unito e, contestualmente, ha dato ufficialità al progetto di una mega fabbrica di batterie da mettere su in Michigan. Sempre grazie, va da sé, alla strategia protezionistica varata dai democratici americani. Stando a quanto riporta la Reuters citando un portavoce di Tesla, in Germania resterà l’assemblaggio delle batterie. Ma il core business, che è quello della produzione delle celle, sarà potenziato negli Stati Uniti. Un’altra ipotesi al vaglio del management della casa automobilistica, inoltre, riguarda la produzione degli elettrodi. Attualmente avviene nello stabilimento di Gruenheide ma che presto potrebbe subire una delocalizzazione, anzi un re-shoring, sul territorio statunitense. Insomma, in Europa potrebbe restare solo l’assemblaggio delle batterie. I vertici di Tesla non si sono nascosti e hanno individuato nella politica protezionistica dell’Ira la ragione fondamentale legata alla scelta di rientrare negli Usa. La produzione di celle verrà potenziata a Fremont e Austin, negli stabilimenti che rispettivamente sorgono in California e Texas. Si immagina che Tesla potrebbe anche immaginare nuove tecnologie. Ma la base della nuova strategia produttiva di Tesla sarebbe da rintracciare nel Nevada. Qui, al momento, ci sarebbe l’idea di rimettere mano al vecchio progetto del camion semi-elettrico e l’altro, ben più strategico, per la produzione di nuove batterie 4680. Due fabbriche per un investimento complessivo stimato in 3,6 miliardi di dollari. La Germania, dunque, accusa un altro colpo dopo quello già inferto da Ford. E sembra che siamo solo all’inizio. Le autorità tedesche hanno rassicurato tutti: le scelte del management Tesla non intaccheranno gli attuali livelli di occupazione. Certo, ma nemmeno si potrà sperare in una crescita e l’Europa rischia di perdere competitività internazionale. Forse non erano tremori ingiustificati, anzi. La politica di sostegno e incentivi varata dalla presidenza Biden sta desertificando l’industria tech e green nel Vecchio Continente. E di farlo proprio mentre l’Europa affronta la prova più logorante alla quale sia stata chiamata negli ultimi decenni: quella della guerra in Ucraina e delle sue conseguenze, su tutte quella della crisi energetica. L’Unione europea, però, invece di rispondere colpo su colpo continua a dividersi, frammentarsi tra proposte divergenti che perseguono interessi particolari, dei singoli Stati. Il vero pericolo è che l’Europa, notoriamente un nano politico, ora si riscopra anche di modesta statura economica. Per Tesla, gli incentivi del governo Usa rappresentano una manna dal cielo. Solo nei giorni scorsi, infatti, la casa è stata costretta a richiamare ben 370mila veicoli per problemi legati al software di guida automatica. Un colpo, prima che economico, di immagine. Ma non è solo l’automotive a scapparsene in America. Ci sono decine e decine di aziende, multinazionali, che pensano agli Usa e affrettano gli investimenti anticipando i termini delle proprie strategie aziendali. Come Toyota, per esempio, che ha anticipato al 2025 la produzione di suv elettrici negli States.

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