Economia

FUOCO AMICO

di Giovanni Vasso -

CHRISTINE LAGARDE BCE


Non c’è niente da fare. Nemmeno la voce dei dipendenti della Bce smuove Christine Lagarde. La governatrice, subissata dalle polemiche degli impiegati, continua a tenere la barra dritta. Più che una missione, quella di tenere i tassi alti assume sempre più i contorni ciechi di una sorta di Eurojihad. Già perché, quando l’inflazione corre e magari il tasso si attesta a due cifre, i primi a subirne gli effetti sono i salari. Una cosa è, per citare solo l’ultima polemica italiana, fare il pieno con la benzina a 1,6 euro un’altra è riempire il serbatoio coi carburanti intorno ai due euro al litro. Se lo stipendio resta uguale a se stesso, è evidente che la capacità di acquisto si riduce drasticamente. Ieri, con 50 euro, si faceva il pieno, oggi si riempiono poco più di tre quarti.
È per questo che, in tutta Europa, si fa sciopero. I medici di base in Spagna, i postini in Germania, gli insegnanti in Portogallo. Sono soltanto gli ultimi protagonisti di una stagione che si preannuncia lunghissima. E che non risparmia nessuno, nemmeno i dipendenti della Bce. Che, al “capo” Lagarde, hanno chiesto l’adeguamento dello stipendio, accoppiandolo all’andamento dell’inflazione. Dai vertici di Francoforte, però, gli hanno risposto picche: la proposta pervenuta agli impiegati è stata quella di un aumento del 4% mentre il carovita cresce dell’8,6%. Eppure si tratta di emolumenti di tutto rispetto: si parte da 2.700 euro e si può arrivare anche a oltre 5mila euro al mese. Il comitato del personale interno è sull’orlo di una crisi di nervi. Probabilmente gli economisti e i dipendenti della Banca centrale speravano che la guerra santa ai tassi riguardasse solo gli operai e gli impiegati e non toccasse anche le loro tasche. Invece, evidentemente, si sbagliavano. Del resto, se la Bce ha innescato la parabola al rialzo dei tassi è stato (anche) per contenere le pressioni salariali. Devono girare meno soldi, anche a costo di aggravare la pressione fiscale. Del resto, Lagarde a Davos lo aveva già detto che la banca centrale europea non avrebbe visto di buon occhio gli Stati che avessero deciso di attuare politiche fiscali anti-cicliche.
Intanto la governatrice della Bce fa sapere a tutti, per l’ennesima volta, che i tassi non caleranno. “In meno di sei mesi, abbiamo aumentato i tassi di interesse della Bce di 250 punti base, l’aumento più rapido della nostra storia. E abbiamo chiarito che i tassi di interesse della Bce dovranno ancora aumentare in modo significativo a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi e rimanere a quei livelli per tutto il tempo necessario. In altre parole, manterremo la rotta per garantire il tempestivo ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo”. Con queste parole, Lagarde ha allietato il ricevimento annuale della Deutsche Börse a Eschborn. Ha dunque aggiunto che l’inflazione in Europa “è troppo alta, in parte a causa della nostra vulnerabilità al cambiamento della geopolitica dell’energia. Il disaccoppiamento dalla Russia lo scorso anno ha spinto l’inflazione energetica nell’area dell’euro a livelli straordinari. Ma mentre l’inflazione energetica è recentemente diminuita, l’inflazione di fondo continua a salire. Di conseguenza, è fondamentale che i tassi di inflazione superiori all’obiettivo del 2% della Bce non si consolidino nell’economia”. Quindi ha promesso: “Dobbiamo ridurre l’inflazione. E raggiungeremo questo obiettivo”. Costi quel che costi, che piaccia o meno ai dipendenti della stessa Bce.

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