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Fusione Fca-Psa, la Fiom chiede nuovi modelli

di Redazione -


“E’ positivo che l’azienda abbia ribadito la conferma degli investimenti per l’Italia”, ma “bisognerà controllare via via l’attuazione del piano e capire se garantisce la saturazione degli stabilimenti“. Lo ha detto la segretaria generale della Fiom, Francesca Re David, al termine dell’incontro con Fca, che si è tenuto a Torino il 20 dicembre, nel quale il gruppo automobilistico ha illustrato ai sindacati la fusione con Psa. “Noi chiediamo nuovi modelli – ha spiegato Re David – perché bisogna arrivare al momento della fusione più forti, con una struttura produttiva più forte. La fotografia ad oggi è che in America si sta assumendo, in Francia non c’è utilizzo di ammortizzatori sociali, in Italia invece ci sono molti ammortizzatori”. Prosegue la segretaria Fiom: “Non ci stancheremo mai quindi di chiedere che venga messo in atto il piano – ha aggiunto – e nello stesso tempo si ragioni su altri modelli che garantiscano la fine di quella cassa integrazione che i lavoratori si portano dietro da 13 anni“. I vertici di Fca hanno rassicurato i sindacati che, dopo il closing della fusione con Peugeot, il piano per gli stabilimenti italiani continua con i 5 miliardi di investimenti annunciati e la conferma della piena occupazione entro il 2022. Il closing previsto per il 2021 darà vita al quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di volumi e il terzo in base al fatturato, con vendite annuali di 8,7 milioni di veicoli e ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro. Il nuovo gruppo Psa-Fca dovrà gestire 14 marchi automobilistici, evitando sovrapposizioni. Tra le novità annunciate, la presenza nel board di due rappresentanti dei lavoratori, uno per Psa e uno per Fca. Tra le ipotesi avanzate in questi giorni, c’è quella di fare entrare in fase di avvio i due segretari del Comitato aziendale europeo (Cae). Lo sostiene Mirko Lami, segretario Cgil Toscana con delega alle politiche del lavoro: “Ovviamente – ragiona Lami – per quanto ci riguarda, come sindacato, l’occupazione e le fabbriche restano la nostra preoccupazione principe, ma ora ci sarà da stabilire chi, dei rappresentanti dei lavoratori, siederà a quel tavolo. Saranno rappresentanti eletti da tutti i lavoratori? Quale il tempo del loro mandato nel Cda, due, tre, quattro anni? Dovremo, ovviamente, discuterne ampiamente e diffusamente. Intanto – prosegue Lami -, in questa fase di avvio, credo si possa pensare, per questo ruolo, ai due segretari del Cae, organo già in funzione da moltissimi anni e che prevede il confronto tra le organizzazioni sindacali di tutti gli stabilimenti dei due gruppi. Con l’esperienza maturata potrebbero efficacemente riportare all’interno del Cda il volere e gli interessi dei lavoratori”.

D.C.


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