Urso tesse l'intesa con la Norvegia (anche) sulle rinnovabili, l'asta FerX e i dati Mase
L’Europa si unisce attorno al sogno di raggiungere la fusione nucleare e non solo per la Ue. Cinquanta aziende provenienti da sei Paesi in ogni angolo del Vecchio Continente hanno deciso di unirsi sotto un unico vessillo per scambiarsi tecnologie, ricerche e studi con un solo obiettivo in comune: quello di raggiungere una tecnologia capace di produrre energia, di farlo in maniera sicura ed economica, per il tramite del processo di fusione nucleare. E, magari, di affermare, una volta tanto, un primato europeo nel mondo. “Unendo le aziende private europee del settore fusione, ci assicuriamo che l’innovazione e la leadership industriale europea svolgano un ruolo decisivo nel plasmare il futuro del settore energetico globale”, ha spiegato in una nota Erik Fernandez, membro del board di Fusion Europe nonché general manager di Ineustar, l’associazione spagnola delle industrie “scientifiche”. Proprio Ineustar, insieme ai tedeschi di Profusion, un’altra organizzazione di imprese al cui interno figurano, tra le altre anche Bilfinger Nuclear & Energy Transition GmbH, Siemens Energy Global GmbH & Co. KG e Marvel Fusion GmbH, è tra i protagonisti dell’iniziativa che mira a rilanciare le ambizioni del nucleare da fusione in Europa. La mission di Fusion Europe, ha spiegato ancora Fernandez, sta nel dialogo e nell’apertura. E, difatti, l’organizzazione che punta ad ampliare i lavori sulla fusione ha già affermato di aver avviato collaborazioni, oltre che con la Commissione Ue, l’agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e la Fia (Fusion Industry Association), anche con Eurofusion, Fusion for Energy (F4E) e Iter. Si tratta, va da sé, di un progetto a medio-lungo termine.
Ma gli scenari dell’energia impongono decisioni e strategie anche, se non soprattutto in questo delicatissimo momento storico, a breve termine. L’Ue, oltre a sperare nella fusione, ha bisogno di superare gli ostacoli e gli intralci sugli approvvigionamenti. Così il Parlamento europeo, nella giornata di martedì, ha deciso di votare sì al progetto che punta a rendere più agevole, e meno dispendioso, il riempimento dei siti di stoccaggio per il gas. Ogni Stato membro, con il nuovo regolamento, potrà decidere di raggiungere l’obiettivo del 90% del riempimento dal 1 ottobre fino al 1 dicembre, senza più il vincolo di dover concludere le operazioni entro il termine massimo del 1 novembre. Chi raggiungerà il limite fissato per il riempimento non sarà obbligato a mantenerlo fino all’inizio del mese di dicembre. La nuova legge, inoltre, stabilisce che in caso di condizioni di mercato “difficili” (e dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, di questi momenti se ne son conosciuti fin troppi), gli Stati potranno discostarsi fino a dieci punti e la Commissione potrà aumentare la “deviazione” di ulteriori cinque punti. Ultimo punto, nell’ambito delle normative sanzionatorie contro il Cremlino, dovranno essere dichiarate le quantità di gas acquistate e stoccate da produttori russi.
Il tema dei fornitori, quindi, resta all’ordine del giorno. Ed è (anche) per questo che ieri il ministro all’Industria e Made in Italy, Adolfo Urso, ha incontrato la sua collega norvegese Cecilie Terese Myrseth. Un appuntamento importantissimo, quello tenutosi a Palazzo Piacentini a Roma, nell’ambito del quale i governi di Italia e Norvegia hanno potuto fare il punto sui progetti in materia di cooperazione bilaterale già avviati su materie prime critiche, spazio e difesa. Ma l’incontro è stato utile pure a rinforzare rapporti e progetti comuni in tema di energia. Sia il ministro italiano che quello norvegese hanno condiviso l’idea di tenere, nei prossimi mesi, un evento bilaterale con aziende e stakeholder del settore “per esplorare sinergie, promuovere alleanze industriali e definire obiettivi comuni” in materia di energia e fonti rinnovabili. Un argomento, questo, carissimo al governo di Oslo. Che, grazie ai suoi immensi (e relativamente recenti) siti di gas e petrolio guadagna miliardi che poi reinveste, come in Germania, su progetti per la transizione sostenibile. Ma è particolarmente importante anche per l’Italia. Ieri il Ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica ha reso noto di aver ricevuto già più di 1.500 manifestazioni di interesse per la prima asta del Ferx transitorio, ossia degli incentivi per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili “mature” come eolico on-shore e fotovoltaico. Per il ministro Pichetto Fratin “i dati confermano un’ottima partecipazione per il fotovoltaico e un andamento coerente con le attese per l’eolico. Il Ferx si conferma uno strumento utile e concreto non solo per sostenere la decarbonizzazione del Paese; l’incremento delle fonti rinnovabili va nella direzione auspicata di una progressiva riduzione dei prezzi dell’energia”.