Garlasco: la verità si riscrive tra nuovi indagati, vecchi alibi e intercettazioni inquietanti
Da un lato un presunto assassino da dieci anni in carcere. Dall’altro un presunto innocente accusato dell’omicidio. In mezzo due gemelle, già finite sotto i riflettori mediatici all’epoca e oggi di nuovo nell’incubo. Sullo sfondo due genitori di una figlia uccisa, che rivivono lo stesso dolore di diciott’anni fa. La nuova inchiesta sul delitto di Garlasco è uno tsunami: punta a riscrivere la verità e le responsabilità nell’omicidio di Chiara Poggi, la 26enne ammazzata il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli. Per la giustizia, l’assassino è il suo fidanzato Alberto Stasi, ma ormai da diversi mesi la Procura di Pavia ha indagato Andrea Sempio per concorso in omicidio con altre persone. E cerca quelle persone, scandagliando non solo nelle vite dei protagonisti, ma anche nei vecchi dispositivi elettronici e in luoghi mai setacciati. Gli approfondimenti avrebbero già fatto emergere risultanze investigative importanti. Come l’alibi di Sempio, lo scontrino del parcheggio di Vigevano delle 10.18 di quella mattina, consegnato dopo 14 mesi dal delitto e confermato dai genitori del ragazzo. Quello scontrino è crollato sotto il peso delle dichiarazioni di un pompiere, amico della mamma di Sempio, che la mattina del 13 agosto 2007 era in servizio nella caserma a due minuti di auto dal parcheggio in cui Sempio, localizzato invece a Garlasco dalle celle telefoniche, ha sostenuto di essersi recato. Una testimonianza che ha messo in discussione anche le posizioni dei genitori di Sempio, custodi dell’alibi del figlio per tutta la mattinata. E spunta ora un’intercettazione che dipinge la dedizione e lo spirito protettivo che mamma e papà continuano a sfoggiare nei confronti del figlio. Risale al 9 febbraio 2017, quando Sempio era finito sotto inchiesta dopo la scoperta della compatibilità del suo Dna con il profilo genetico ignoto sulle unghie della vittima. Già allora l’indagato era assediato dai giornalisti e, con il padre, cerca il modo di evitare le telecamere. “Non c’è da fare un cazzo, l’unica cosa che fai è che mi aiuti”. E il genitore risponde: “Come al solito, come abbiamo sempre fatto finora solo così e basta…”. I carabinieri, durante la perquisizione, hanno portato via alcuni suoi vecchi diari e nuovi scritti, per approfondire il profilo psicologico dell’indagato, che ieri è rimasto nella caserma di Milano con la mamma per quasi un’ora e mezza: dovevano riprendere i telefonini sequestrati, ma sarebbero tornati a casa a mani vuote. Nell’incubo mediatico, infine, anche le gemelle Stefania e Paola Cappa, dopo che nel fango della roggia della casa disabitata della nonna, a Tromello, sono stati recuperati oggetti metallici ritenuti rilevanti, che ora dovranno essere vagliati alla ricerca dell’arma del delitto.
Torna alle notizie in home