Attualità

Gates & Co. e il ritorno del Covid. Ecco chi fa pressione sull’Oms

di Redazione -


di FRANCESCO CARRARO
Da più parti si torna a parlare del nuovo Regolamento Sanitario Internazionale dell’Oms e del cosiddetto “trattato pandemico”. Sono due cose diverse, ma intimamente connesse, e dal loro combinato disposto potrebbe conseguire un irrimediabile vulnus alla sovranità dei singoli Stati in materia di salvaguardia della salute individuale e di “governance” di quella collettiva; ma, soprattutto, ambedue mettono a rischio un diritto inviolabile non meno importante della salute: quello della libertà di espressione e manifestazione del pensiero. Partiamo dal Regolamento Sanitario Internazionale (RSI), finalizzato al contrasto delle malattie infettive. Ebbene, le modifiche sul piatto (che saranno oggetto della 77esima assemblea mondiale della sanità prevista per il mese di maggio 2024) legittimano più di una preoccupazione.

In primis, risultano (fin troppo) rafforzati il ruolo e i poteri dell’Oms rispetto alle prerogative degli Stati in ambito sanitario. A partire dall’articolo 1, dove è cancellata la locuzione “non vincolante” attribuita alle raccomandazioni permanenti e temporanee dell’Organizzazione che diventerebbero, così, obbligatorie per le nazioni aderenti. All’articolo 2, si amplia lo scopo del RSI che non sarà più ristretto “ai rischi (effettivi, n.d.r.) di salute pubblica”, ma allargato a “tutti i rischi che hanno un potenziale impatto sulla salute pubblica”. Ciò significa, con tutta evidenza, attribuire alla “macchina” dell’Oms l’opportunità di mettersi in moto, con decisioni vincolanti, su un ambito sconfinato di questioni. Ma non c’è fine al peggio, perché è allo studio pure l’inserimento di un articolo 13A che obbligherebbe gli Stati a seguire le raccomandazioni (divenute vincolanti) dell’Oms rispetto alle emergenze internazionali.

Infine, abbiamo l’art. 44 con il quale l’Oms e gli Stati si impegnano alla predisposizione di misure concrete per “contrastare la diffusione di informazioni false e inaffidabili sugli eventi di sanità pubblica, misure e attività preventive e anti-epidemiche nei media, social network e altre modalità di diffusione di tali informazioni”. Ed ecco “toccato” il punto nevralgico della libertà di espressione su cui dispone in modo ancor più stringente il secondo “veicolo” giuridico menzionato in apertura, vale a dire l’Accordo Globale sulle Pandemie (cosiddetto “trattato pandemico”). Trattasi di una sorta di nuova “convenzione” internazionale, in materia di prevenzione, preparazione e risposta a future pandemie, che potrebbe vincolare i 194 stati dell’OMS laddove ottenesse i voti favorevoli dei due terzi dell’assemblea. Anch’esso verrà discusso alla 77esima assemblea mondiale della sanità del maggio 2024.

La norma più preoccupante è quella inserita nell’art. 17 dove si legge che “le Parti (…) combattono l’infodemia e contrastano le informazioni false, fuorvianti o disinformative”. In buona sostanza, ci troviamo di fronte a un marchingegno normativo che – sul piano della propaganda – sembra tratto di peso dalle pagine di un romanzo distopico del Novecento (partendo da George Orwell per finire con Aldous Huxley). Ma l’aspetto peggiore non è cosa l’Oms sta per fare, ma chi è in grado di condizionare l’Oms in ciò che sta per fare. E da chi, in definitiva, le norme di cui sopra sembrano promanare. Parliamo, cioè, dei finanziatori della struttura.

Nel corso del 2022, essi sono stati anche (se non soprattutto) soggetti privati, sforniti ovviamente di qualsivoglia legittimazione e investitura democratico-rappresentativa: solo il venti per cento delle entrate dell’Oms, infatti, proviene da fonti pubbliche, mentre l’ottanta per cento è erogato da realtà e organizzazioni non statuali. Lo “sponsor” principale, secondo solo agli USA, è la Bill & Melinda Gates Foundation con 693 milioni di dollari che “cubano” il 10 per cento del budget complessivo dell’Oms.

Comunque la si pensi, la soluzione, per togliere ogni dubbio in merito, può essere una sola: ridurre grandemente (se non vietare del tutto) il peso e la consistenza delle “generose” contribuzioni private all’Oms, così come a qualunque altro ente o professionista pubblico coinvolto, a qualsiasi titolo, nella preservazione, nella cura e nella tutela della salute dei cittadini.

Finché ciò non accadrà, non è solo lecito, ma addirittura doveroso dubitare della “bontà” delle intenzioni dei redattori di nuove regole, come quelle del novellato Regolamento Sanitario Internazionale o del c.d. trattato pandemico di prossima stipula. Di sicuro possiamo già, intanto, cominciare a riflettere sulla pericolosità di tali norme non solo con riferimento alla salute di tutti, ma anche rispetto alle libertà fondamentali di ciascuno.


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