Esteri

Gaza come guerra: il giorno nero della diplomazia

di Ernesto Ferrante -


Beirut-Tel Aviv-Washington-Teheran-Gaza. Un venerdì di intrecci ed equilibri sempre più fragili quello che fa da cornice all’aspra battaglia in corso e all’escalation sempre più minacciosamente all’orizzonte. Per una “sinistra” coincidenza, i signori della guerra sembrano essersi dati appuntamento in questo primissimo scorcio novembrino per seppellire sotto un altro cumulo di macerie la nobile arte della diplomazia, l’unica in grado di ricondurre nel perimetro della dialettica, anche quella più accesa, la determinazione dei rapporti di forza tra Stati.

“La nostra battaglia è pienamente legittima, dal punto di vista legale e religioso, contro l’occupante sionista”, ha detto il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un discorso pubblico, pronunciato da una località non meglio precisata e trasmesso in diretta tv in occasione della “Festa dei martiri caduti sulla via di Gerusalemme”, riferendosi ai circa 60 combattenti uccisi dall’8 ottobre a oggi negli scontri con l’esercito israeliano nel sud del Libano.

“Il nostro dovere è dare tutto, credere in questa chiamata, siamo pronti al sacrificio, a dare tutto”, ha aggiunto Nasrallah prima di omaggiare i miliziani che stanno cadendo con un messaggio di grande impatto dal punto di vista religioso e simbolico: “Sono tutti martiri, si stanno muovendo verso un altro mondo enunciato dai profeti, ora sono lì dove non ci sono dittature e non ci sono sionisti”.

Duro e diretto l’affondo contro l’esecutivo di Benjamin Netanyahu: “La sofferenza del popolo palestinese in questi decenni è stata grande, soprattutto ora che in Israele c’è un governo di destra che sta violando i diritti umani”.

Per il segretario generale degli Hezbollah, prima del 7 ottobre “sul fronte palestinese vi erano quattro questioni urgenti. Le migliaia di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane; la questione della moschea di al Aqsa a Gerusalemme; l’assedio di Gaza per quasi vent’anni; i pericoli che incombono sulla Cisgiordania, compresi gli insediamenti israeliani, le uccisioni e gli arresti quotidiani”.

L’operazione “sacra e grande” di Hamas, ha proseguito, è stata frutto di “una decisione presa al 100% dai palestinesi. La decisione non è stata condivisa con altre fazioni della resistenza islamica. Loro hanno deciso ed eseguito”.

L’assalto della formazione islamista “ha mostrato come non è mai accaduto prima tutta la debolezza e la fragilità di Israele”. “Israele è una entità che sta tremando. Quando vediamo i generali americani correre in Israele e aprire i depositi di armi statunitensi per l’esercito israeliano, e vediamo Israele chiedere, dal primo giorno, 10 miliardi di dollari…questo sarebbe un paese in grado di stare in piedi da solo? I governanti israeliani non imparano dalle lezioni del passato, fissano sempre degli alti obiettivi nelle loro guerre, non hanno imparato dalle varie guerre su Gaza, non hanno imparato dalla guerra del Libano del 2006. Dichiarano obiettivi che poi non riescono a raggiungere”, ha tuonato ancora, invocando inoltre l’apertura di corridoi umanitari.

La chiamata alle armi è già avvenuta sul campo di battaglia: “Alcuni si aspettavano che io oggi annunciassi la guerra. Ma siamo in guerra dall’8 ottobre. A Gaza si sta combattendo una battaglia decisiva, come non è mai stata combattuta finora. I nostri compagni partigiani in Iraq e in Yemen si sono attivati e hanno preso iniziative contro obiettivi nemici, e raggiungeranno la Palestina. Gli Stati Uniti devono essere considerati responsabili per i crimini perpetrati da Israele a Gaza”.

Al mondo arabo sono state chieste misure “ritorsive” contro lo Stato ebraico: “Mi rivolgo a tutti i leader dei paesi petroliferi arabi: non date più petrolio a Israele, non vi chiediamo di mandare i soldati, ma di avere il minimo di onore e di cessare di inviare petrolio a Israele”.

Finora, le schiere libanesi sciite sono rimaste defilate, salvo qualche scambio di artiglieria al confine nord con il Libano, che ha provocato alcune vittime e il crescere della tensione nei pressi della “Linea Blu”, la zona-cuscinetto che demarca il confine dopo la guerra del 2006. La frontiera è sorvegliata dalle truppe dell’Unifil, di cui fanno parte anche un migliaio di soldati italiani.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha ribadito, durante la sua nuova visita a Tel Aviv, che Israele ha “il diritto” e “l’obbligo di difendersi” per garantire che quanto è accaduto meno di un mese fa “non possa più ripetersi”. “Restiamo convinti che Israele abbia non solo il diritto ma anche l’obbligo di difendersi e di fare tutto ciò che è in suo potere per garantire che il 7 ottobre non si ripeta mai più”, ha affermato Blinken dopo un incontro con il presidente israeliano Isaac Herzog.

Mai più come prima. “Non è possibile, non si deve tornare alla situazione che c’era prima del 7 ottobre”, ha assicurato il capo della diplomazia Usa in una conferenza stampa nella capitale israeliana. “L’idea che Hamas resti responsabile a Gaza non è accettabile. Abbiamo discusso con i nostri partner diverse possibilità per fare in modo che un 7 ottobre non si ripeta mai più: occorre un quadro più grande, una visione di pace e di sicurezza nella regione. La strada da imboccare resta quella di due Stati per due popoli. Il modo in cui Israele conduce la sua campagna per sconfiggere Hamas è importante. È la cosa giusta e lecita da fare, e se non lo fa, fa il gioco di Hamas e di altri gruppi terroristici”.

“Con Netanyahu, ha riferito il Segretario di Stato Usa, abbiamo discusso di pause umanitarie. Israele si è impegnato a facilitare l’ingresso di assistenza umanitaria. Dall’ingresso di nessun camion di aiuti a Rafah siamo adesso arrivati a 100 camion. Si tratta di un progresso significativo. La popolazione là è in uno stato di bisogno disperato, e deve ricevere cibo, medicine, acqua e combustibile. Penso che maggiore assistenza sarà fornita in seguito”.

“Gli Usa hanno risposto e continueranno a farlo agli alleati dell’Iran nella regione”, ha avvertito. Quanto alla situazione all’interno dell’enclave palestinese: “Ho visto immagini di bambini palestinesi estratti dalle macerie, quando guardo i loro occhi vedo i miei figli. Ad Hamas non interessa del benessere dei palestinesi, è cinica e mostruosa, li usa come scudi umani”.

L’ufficio di Benjamin Netanyahu, ha fatto sapere al termine del faccia a faccia con l’alto funzionario statunitense che “nessun tipo di carburante entrerà nella Striscia di Gaza”.

Toni minacciosi da Teheran. “Abbiamo vissuto quello che vediamo oggi in Palestina durante la guerra imposta”, ha ricordato il presidente iraniano Ebrahim Raisi in riferimento alla guerra tra Iran ed Iraq degli anni ’80, sottolineando il sostegno da parte degli Usa a Saddam Hussein in quell’occasione.

“Oggi, la stessa corrente moralmente nell’errore e la stessa America che ha creato i disastri durante la guerra imposta commettono atrocità in Palestina”, ha continuato Raisi, come riporta Irna, durante il suo intervento a Sanandaj, nel Kurdistan iraniano. “Sono stati uccisi 4000 bambini palestinesi, dove verranno messi sotto inchiesta questi crimini?”, ha chiesto il presidente iraniano.

Almeno 1.200 bambini si trovano sotto le macerie degli edifici colpiti dai raid aerei israeliani nella Striscia di Gaza. È quanto ha denunciato il portavoce del ministero della Sanità palestinese, Ashraf al-Qudra, in conferenza stampa a Gaza. Sulla base dei dati da lui forniti, 136 paramedici sono stati uccisi, 25 ambulanze sono state distrutte e almeno 800 feriti in condizioni mediche critiche dovrebbero essere trasferiti per essere curati d’urgenza.


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