Attualità

Gelata di Natale

di Cristiana Flaminio -

MARCATINO DI NATALE IN PIAZZA DUOMO, BANCARELLA, BANCARELLE


Bianco Natale. O, meglio, un Natale in bianco. Che i consumi andassero verso un avvitamento era atteso. Che le famiglie rinunciassero, in maniera così netta, non soltanto ai regali sotto l’Albero ma anche a imbandire la tavola come da tradizionale abbondanza, era meno prevedibile.
Se i consumatori del Codacons hanno definito “disastrosi” i dati sulle vendite, quelli dell’Unc hanno lanciato l’allarme, l’ennesimo, sui consumi ridotti in vista delle festività. Parlano apertamente di “gelata di Natale” e spiegano che “al di là del miraggio delle vendite annue in rialzo dovuto solo all’inflazione che ne gonfia il valore, i consumi reali stanno precipitando e il caro vita ha svuotato le tasche degli italiani, costretti a utilizzare la tredicesima per saldare le bollette di luce e gas”. L’analisi di Unc prende le mosse dai dati pubblicati ieri mattina dall’Istat sul commercio al dettaglio per ottobre scorso. Numeri magrissimi, per i negozianti italiani. Calano gli affari, sia in volume che in valore. Nemmeno l’inflazione, che ha aumentato il costo dei beni, “nasconde” la crisi senza rimedio del commercio. Rispetto a settembre, le vendite in volume sono crollate addirittura dell’1,2 per cento mentre in valore dello 0,4. Il volume degli affari del commercio al dettaglio, su base annuale, scende di 6,3 punti percentuali. Il calo è ancora più vistoso tra gli alimentari (-7,9% in volume a fronte del +4,7% in valore).
Coldiretti ha commentato le cifre dell’Istat spiegando che gli italiani hanno tagliato del 3,8% le quantità alimentari acquistate e rinunciano, con sempre maggiore frequenza, a beni non necessari come dolci e alcolici. Per tentare di risparmiare, il 10,1% dei cittadini sceglie di acquistare cibo di bassa qualità nelle catene low cost mentre addirittura l’81% si attiene scrupolosamente alla lista delle spesa, sempre più snella e asciutta. Zero sgarri.
Federdistribuzione ritiene che il peso dell’inflazione si farà sentire, con forza, sul Natale e sull’inizio del prossimo anno. “Continuiamo a rilevare una frenata dei consumi, anche nel settore del non-food, come effetto dell’impatto della crescita dei prezzi sui bilanci familiari. Il miglioramento dei dati sulla fiducia dei consumatori, rilevata dall’Istat a novembre, è insufficiente per fugare le preoccupazioni in vista del periodo natalizio”. Timori che per l’associazione delle imprese della distribuzione sarebbero confermati “da una recente rilevazione condotta da Ipsos: più di 3 italiani su 5 si aspettano un Natale sottotono per la propria famiglia. Dalla ricerca emerge anche un maggior orientamento degli italiani verso scelte di convenienza e risparmio”. Per Confesercenti non si tratta di una sorpresa, anzi: “La necessità di destinare risorse al pagamento di spese obbligate, in primis alle utenze domestiche, sta erodendo le disponibilità per consumi di altro tipo, in calo anche a causa dell’aumento dei prezzi, trainato a sua volta dal caro-energia. Complessivamente, stimiamo che le famiglie bruceranno, per la corsa dell’inflazione, circa 12,1 miliardi di euro in meno di potere d`acquisto solo nella seconda metà del 2022”. Una catastrofe.
Un’analisi condivida anche da Confcommercio secondo cui: “La progressiva erosione di potere d’acquisto determinata dall’inflazione sul reddito e sulla ricchezza liquida, solo parzialmente compensata dai pure ingenti sostegni governativi, comprime lo spazio che le famiglie possono destinare alle spese non obbligate. Questa inevitabile configurazione si riflette negativamente su molte voci di spesa, tra le quali l’abbigliamento e le calzature, e sui formati distributivi più tradizionali”.


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