Esteri

Gerusalemme, tensione ai funerali della giornalista uccisa a Jenin. La polizia israeliana vieta le bandiere palestinesi

I tafferugli sono scoppiati quando gli agenti hanno impedito che la bara fosse issata in spalla da un gruppo di persone. E nel nord del Paese proseguono le esercitazioni dell’esercito di Tel Aviv

di Davide Romano -


Si sono svolti in un clima di forte tensione i funerali di Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa due giorni fa a Jenin durante uno scontro a fuoco fra soldati israeliani e miliziani palestinesi. La funzione si è svolta a Gerusalemme Est con la polizia israeliana che ha vietato l’esposizione di bandiere palestinesi e impedito ad un gruppo di persone di issare la bara sulle proprie spalle. Questo ha causato attimi di caos, con il feretro che prima ha ondeggiato ed è quasi caduto a terra. Gli scontri si sarebbero verificati durante il trasporto da parte del corteo funebre del feretro verso la Chiesa dell’Annunciazione della Vergine (la giornalista era di fede cristiano ortodossa) nel quartiere di Sheik Jarrah, teatro nelle ultime settimane delle crescenti tensioni tra israeliani e palestinesi.

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha addossato ad Israele ogni responsabilità: “Diamo oggi l’addio a Shireen Abu Akleh che era la voce della verità e la voce della Nazione. È di Israele la piena responsabilità. Ci rifiutiamo di svolgere un’indagine congiunta con gli israeliani, che hanno compiuto questo crimine. Non abbiamo fiducia in loro”. L’uccisione della reporter palestinese-americana non ha fermato le tensioni in Cisgiordania. Ancora oggi a Jenin si sono registrati conflitti a fuoco in seguito ad alcune operazioni condotte dall’esercito israeliano nei confronti delle abitazioni di alcuni palestinesi sospettati di essere “terroristi”.

Negli ultimi due mesi gli scontri tra israeliani e palestinesi sono aumentati in maniera esponenziale, tra la striscia di Gaza, Gerusalemme Est e la Cisgiordania. Proprio sui territori della sponda occidentale del Giordano si registrano le maggiori tensioni, anche a causa di alcune decisioni delle autorità israeliane non esattamente indirizzate alla conciliazione. Infatti, dopo che alcuni giorni fa la Corte suprema israeliana aveva dato il via libera allo sfratto di oltre 1200 palestinesi da un’area rurale, oggi la Commissione suprema per la progettazione, un ente direttamente gestito dal ministero della Difesa di Tel Aviv, ha approvato la creazione di oltre 4 mila alloggi destinati agli israeliani.

Le notizie che arrivano da alcuni giornali israeliani, come Haaretz e Jerusalem Post, sembrano confermare l’idea che Israele si stia preparando ad un conflitto imminente. Le forze armate stanno infatti conducendo un’importante esercitazione militare nel nord del Paese, denominata Chariots of fire (Carri di fuoco), della durata complessiva di 3-4 settimane. È stato proprio Tsahal a publicare sui social alcune immagini di questa esercitazione, volta a preparare l’esercito ad affrontare un attacco sui fronti libanese e siriano e contemporaneamente nei territori interni. Ma proprio le crescenti tensioni in Cisgiordania potrebbero convincere il governo di Tel Aviv a interrompere anticipatamente le esercitazioni per organizzare un intervento diretto nei territori più a rischio.


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