Editoriale

GHIGLIOTTINA – All’Ariston c’è di tutto, tranne buone canzoni 

di Redazione -

Sergio Mattarella a Sanremo ©imagoeconomica


Il colpo di grazia, a tradimento, ce l’hanno dato I Cugini di Campagna: ma come? Per la prima volta in gara, non ci regalano un nuovo memorabile falsetto? Ecco, sentirli cantare come chiunque altro dà il polso del flop musicale del Festival. Come ogni anno su quel palco succede di tutto, tranne però che cantare buone canzoni (salvo pochissime eccezioni). Scoprire che Blanco ha distrutto le rose come da accordi, da contratto; scoprire che la Ferragni si è autocelebrata senza battere ciglio – zero empatia; scoprire che Benigni aziona un generatore automatico di frasi casuali sulla Costituzione (la prova è: “L’Italia ripudia la guerra”, pensa se l’amava… viste le tonnellate di armi che diamo a Zelensk); niente di tutto questo ci ha risvegliati dalla noia. Ma almeno le canzoni, quelle sono il minimo sindacale! Il punto è che fintanto che Sanremo è stato Sanremo, i pezzi potevano piacere o non piacere, ma erano da Sanremo – perfetti per le signore e i boomer. Da quando la direzione “artistica” vuole far piacere il Festival ai giovanissimi, sceglie robe confezionate secondo i gusti di m. del momento: gente che squittisce con l’autotune. Povera patria (Battiato manchi).

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