Attualità

Gioco di ruolo

di Tommaso Cerno -


di TOMMASO CERNO

Daniela Santanchè resta al suo posto, mentre il Parlamento mette in scena una sfiducia dai numeri risibili che ha come obiettivo il posizionamento politico pubblico e di nuovo mostra quanto l’efficacia parlamentare della democrazia sia vicina allo zero mentre la polemica riempie bocche, giornali, televisioni. Questo è un punto segnato dall’antipolitica, l’idea cioè che ormai la democrazia sia un insieme di cerimonie che girano intorno alle questioni ma lasciano tutto esattamente come lo trovano mentre chi è mandato nel Palazzo dal voto dei cittadini per svolgere la propria funzione si esprime solo nei luoghi dove la sua parola non ha valore se non quello di un parere.

Ed ecco che quella che doveva essere la grande vittoria di una sinistra che inchiodava il governo alle proprie responsabilità di fronte a un ministro accusato, chiariamolo bene, non certo con dimostrazioni di prove o condanne, il processo deve ancora cominciare, di avere gestito in maniera allegra la propria azienda, si trasforma in uno spettacolo deludente. In un Parlamento semivuoto, dove i partiti hanno preso posizioni di comodo e diverse fra loro, il ministro ribadisce quello che aveva già detto e il voto finisce in un flop, con 67 parlamentari che chiedono le dimissioni di Daniela Santanchè mentre 111 la vogliono al suo posto. È chiaro che andando avanti così, cioè trasformando qualunque questione solo in una polemica pubblica, per poi mostrare al Paese che in aula si va perché si deve e non perché c’è qualcosa da ottenere, gli italiani si sentiranno sempre meno rappresentati da chi è stato chiamato a votare per conto loro.

Molto più semplice sarebbe portare in Aula le dimissioni di un ministro quando i fatti sono tali da doverle pretendere, in questo caso bastava attendere l’eventuale rinvio a giudizio, costringendo così la maggioranza ad assumersi davvero davanti al Paese la responsabilità di difendere una posizione vacillante. Fatta così, come un gioco di prestigio, per il fine ultimo di spiegare che i desideri di un partito sono distanti dalla realtà che è in grado di attuare, mostrano che l’Italia anche sulle questioni serie è lontana dalle democrazie parlamentari europee che tenta di imitare.

È vero che all’estero le dimissioni vengono date per meno di quello che è oggi in Italia una cosa di un ministro in carica, ma vengono date, e questo significa che nella cultura parlamentare di quel Paese si è creato un tale nucleo di serietà istituzionale che le dimissioni quando vengono chieste sono una cosa seria, mentre in Italia valgono tanto quanto una polemica su Twitter, una sgridata del premier, un’urlata in un Talk Show. Andando avanti di questo passo il sistema di Prokofiev e del “al lupo al lupo” tornerà a vincere anche nella nostra democrazia.

Per cui le dimissioni verranno chieste ogni settimana e non verranno date mai. Se non di fronte a casi talmente eclatanti che sarà la stessa maggioranza a pretenderle, incassando a rovescio la vittoria di una trasparenza affermata da tutti ma poi spesso non chiara nei fatti, che invece dovrebbe essere il colpo che affonda da parte di un’opposizione unita che usa il Parlamento solo quando ha la certezza che rappresenterà il Paese contro la maggioranza che governa. E non con il colmo che quando le dimissioni arriveranno saranno una vittoria della maggioranza.


Torna alle notizie in home