Giorgetti gioca in Difesa. Il ministro all’Economia sa, e riconosce, che la manovra ha lasciato l’amaro in bocca a tanti, forse a troppi, italiani. Si spiega, in audizione. Ribadisce che l’obiettivo è di uscire, prima possibile, dai rigori del Patto di Stabilità. Svela che son cambiati i criteri richiesti dall’Europa anche per la redazione dei bilanci. Sottolinea come la manovra, anzi la Manovrina, sia tale perché alcune misure non sono state rifinanziate quest’anno dal momento che, la loro dotazione, l’hanno già avuta tutta l’anno passato. Ripete, come un mantra, di aver trovato le casse dello Stato disastrate. Colpa del Superbonus che, non è mica un mistero, gli ha già causato più di una gastrite. Il M5s non ci sta. E, vestito di pacifismo, accusa Giorgetti di aver barattato le “spese essenziali” con le armi. In pratica, stando al ragionamento sviluppato dai pentastellati, il governo vuol rientrare dalla procedura per deficit per poter, così, chiedere la clausola di salvaguardia e accedere al piano Safe, quello che il leghista Claudio Borghi ha ribattezzato come “il Pnrr del razzo”. Accuse, però, che Giorgetti respinge con sdegno: “Non saremo disposti a barattare le spese per la Sanità con quelle per la difesa”. Cosa che, a essere onesti, il ministro aveva già promesso da tempo. Ma ne ha pure, Giorgetti, per i dem che gli rimproverano l’immobilismo di una manovra che non mette soldi in tasca a chi ne avrebbe più bisogno e che, anzi, favorirebbe solo i più ricchi. Non un tema peregrino questo dal momento che Istat prima e Corte dei conti poi, sfilate in audizione prima di lui, hanno svelato che il 44% delle risorse per il taglio Irpef saranno impiegate per alleggerire il “conto” richiesto a chi guadagna più di 50mila euro. L’Ufficio parlamentare di Bilancio, poi, ha ribadito che dal taglio Irpef, i dirigenti guadagneranno intorno ai 400 euro, per gli operai invece ce ne saranno appena 23. La replica di Giorgetti, sul punto, è di chi richiama tutti al realismo: “Non siamo una grande potenza, non siamo gli Usa che dettano le condizioni, non abbiamo la bacchetta magica per dire all’Ue cosa è opportuno fare o no: quando non sei una grande potenzia e non fai parte del quintetto che sfascia il mondo devi usare soprattutto la difesa”. Catenaccio, quindi. Si gioca, appunto, all’italiana. “Disciplina, pressione e intensità”, dice il ministro, pardon il cittì Giorgetti. “Quello che stiamo cercando di fare noi è difenderci in una situazione che non è esattamente quella di cinque anni fa, quando c’erano i tassi di interesse negativi”. E ci si indebitava, citando il vecchio film, sentendosi forti e spensierati come Rummenigge nell’area della Cavese: “Il mio auspicio è che ci sia questa presa di coscienza che il mondo è cambiato”. E che si riconosca il fatto che Rummenigge, ormai da tempo, non gioca più e che pure la Cavese, nel suo piccolo, ha una bella squadretta che può far male. E, soprattutto che fare manovra oggi “è diverso dal gestire i tassi al 4% come è capitato al nostro governo”.
Per questo, Giorgetti non ha intenzione di allargare le maglie della difesa. Nemmeno agli emendamenti dalla maggioranza. Prima occorrerà valutare coperture e impatti, poi si vedrà. La speranza di cavarne qualcosa, però, è appesa al lumicino. Il ministro, promettendo che questa sarà l’ultima rottamazione, ha invitato inoltre a considerare, a proposito di ceto medio, gli altri interventi oltre al taglio Irpef per mitigare il fiscal drag sulle retribuzioni. Quindi spiega che il taglio “tutela i contribuenti con redditi medi, ed estende la platea di chi aveva beneficiato del cuneo fiscale coinvolge il 32% del totale dei contribuenti”. Sulle banche, Giorgetti non si sbilancia: conferma incassi per dieci miliardi. Ribadisce però che si tratta di “un impatto assorbibile alla luce della solidità e della profittabilità del nostro sistema bancario”, sottolineando pure che a questa solidità “ha contribuito anche la linea di rigore sui conti pubblici adottato da questo governo”. Dare e avere, vecchia storia. Tuttavia, se del caso, se ne parlerà in Parlamento. Dove la partita, finalmente, entrerà nel vivo. Ci sarà tempo fino al 14 novembre, venerdì prossimo, per presentare gli emendamenti. Nominati quattro relatori: si tratta di Guido Quintino Liris, Dario Damiani, Claudio Borghi e Mario Borghese.