Politica

Giorgia e i suoi fratelli

di Eleonora Ciaffoloni -


di ELEONORA CIAFFOLONI

“Così non andiamo da nessuna parte” dicono gli scontenti dalla segreteria del Partito Democratico. E non hanno tutti i torti: le delusioni delle elezioni amministrative in tutta Italia parlano chiaro. E ora sotto la lente di ingrandimento c’è Elly Schlein, che non si può più definire neosegretaria, oramai lo è a tutti gli effetti e le scuse non possono più essere accettate. La sua segreteria non sembra aver cambiato le carte in tavola a sinistra, anzi. L’”effetto Schlein” tanto acclamato – forse più sperato – non si è ancora mai visto. E così la leader del Pd ha deciso di parlare ai suoi e agli elettori, cercando di fare un punto, ma anche promettendo di volersi concentrare sulle problematiche di una sinistra che non viene più votata. A spiegare quello che è successo ci pensa la minoranza dei dem che lancia il monito: “Se vuole continuare a correre da sola, perderà da sola”, perché “non è stata in grado di costruire un’alternativa credibile al Centrodestra”. Difatti, le alleanze per le amministrative sono state fatte un po’ a macchia di leopardo – in alcune città Pd da solo, in altre con i cinquestelle e in altre con l’ex Terzo Polo – che senza chiarezza, non hanno centrato l’obiettivo.
Ad essersi accorta è la stessa segretaria che, alla conta dei danni fa una sorta di mea culpa: “Da soli non si vince, c’è da ricostruire un campo alternativo alla destra” dichiara, “Ci vorrà un tempo più lungo per ricostruire fiducia e per ricostruire un centrosinistra nuovo, competitivo e vincente”. Ma il monito non è solo per i dem: “È una responsabilità che non riguarda soltanto il Pd”. Un messaggio destinato al leader dei pentastellati Giuseppe Conte, che però, sembra non voler recepire. Perché il campo largo giallo-rosso non è una novità, è stata un’idea riproposta anche dopo le politiche dello scorso settembre, a Parlamento variato – prima in Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, poi a Pisa, Siena e Brindisi – ma senza portare effetto. Anzi, è stato solo con l’alleanza tra Pd e Terzo Polo che il centrosinistra è riuscito a ottenere la vittoria a Brescia e a Vicenza. Insomma, Giuseppe Conte si è reso ben conto che con il tentativo di un riallacciamento dei rapporti è stato fallimentare e non ha esitato a rispondere, a distanza, all’appello di responsabilità condivisa: “La Meloni non si batte con i campi larghi, ma con un’idea diversa di paese” ha dichiarato. “Siamo disposti a dialogare con il Pd e con Schlein ma sui temi, sui progetti, misurandoci sulle risposte concrete senza compromettere i nostri principi, e senza annacquare le nostre battaglie più significative”. Con la frecciata finale: “Siamo convinti che sia necessario costruire dei progetti politici, perché non basta presentarsi in occasione delle competizioni elettorali su un palco insieme per qualche ora”. Eppure, questa risposta al mittente non ha la faccia di un alleato amico, anzi.
Perché Giuseppe Conte sa che il vento è cambiato, arriva da destra e gonfia le vele della maggioranza, che avanza spedita in politiche e in elezioni. Perché allearsi con chi, si sa già, riceverà una sonora sconfitta? Infatti, nonostante i richiami all’unità, il centrosinistra sembra più diviso che mai. Un problema che per i cinquestelle è relativo: non sembra esserci troppa puzza sotto il naso quando si tratta di allearsi per il potere, ricordiamo il non troppo lontano governo giallo-verde con la coppia Conte-Salvini e il successivo governo col Pd, tanto criticato dal precedente esecutivo. Senza dimenticare il governo di Mario Draghi, prima sostenuto – con tanto di voto positivo per l’invio di armi a Kiev – e poi rovesciato. E se la storia si ripete, qualcosa ci fa pensare che forse Giuseppe Conte potrebbe puntare anche a Giorgia Meloni, quasi a dire: siamo all’opposizione sì, ma non poi così tanto. Perché i complimenti alla lettera della premier al Corriere della Sera in occasione del 25 aprile, sono arrivati proprio dall’avvocato. Un ruolo, quello con il governo attuale, che sembra inaspettato dal leader dei cinquestelle e che avremmo probabilmente trovato più affine a un altro ex premier: Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva – prima in alleanza con Azione nel Terzo Polo, ma anche da solo – ha sempre tenuto un po’ il piede su due staffe, ponendosi sì all’opposizione in Parlamento, ma allo stesso tempo aprendo a temi da discutere insieme, senza far mancare di tanto in tanto messaggi di vicinanza (su temi o su accadimenti) alla presidente Meloni. A braccetto ormai con la destra, anche i liberali, che rinnovano l’appoggio al governo che “potrà contare sulla forza delle idee liberali, recuperando i delusi dalle false promesse della sinistra” dichiara il segretario nazionale del Pli Roberto Sorcinelli.
Con una sinistra arrancante condita da mancanza di leadership e una destra che cresce – e che sembra allargarsi – in Italia stiamo assaggiando l’antipasto delle Europee. Il possibile accordo tra il Ppe di Weber e i Conservatori di Meloni potrebbe lanciare un nuovo Parlamento Europeo, che dai liberali si allarga a destra. Eppure, nonostante il campo largo, questa unione potrebbe non bastare. Qui entra in gioco la macroniana Renew Europe, che se dal lato italiano dice di “opporsi per evitare un buio futuro dell’Europa”, dal lato Francia si potrebbe aprire il dialogo. Perché per creare una maggioranza numerica vincente Ppe e Ecr avranno bisogno di sponde. Ecco perché da qualche mese i Conservatori sembrano aprire verso Renaissance, con grandi convergenze (anche nei voti) sulla transizione green. L’auspicio arriva anche dal leader della Lega, Matteo Salvini che vuole perseguire l’idea di “costruire un centrodestra alternativo alla sinistra”, con buona pace della “maggioranza Ursula”. Un modo per il Carroccio, per rimanere sul carro delle vittorie (seppur guidate da Meloni) e inanellare soddisfazioni. Anche se, dal partito, anche dopo le ultime amministrative in cui la Lega ha perso voti ovunque, comincia a crescere qualche tipo di insoddisfazione. Da parte del leader e dei vertici emerge solo soddisfazione e plausi al buon governo, con continui rimandi alla crescita nei territori – anche se non proprio veritiera. Nessuno sembra parlare delle sconfitte che sono arrivate, Vicenza in primis, in un territorio dove la vittoria sembrava quasi scontata. La resa dei conti, quelli brutti, è quindi rimandata, visto che anche Matteo Salvini è stato riconfermato segretario.


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