Esteri

Giorgia Meloni da Xi e quei passi prudenti sulla Via della seta

di Domenico Pecile -


L’INGRANDIMENTO – Giorgia Meloni da Xi e quei passi prudenti sulla Via della seta

Alla fine il più possibilista o perlomeno il più prudente della compagine governativa è il premier Giorgia Meloni. Alla fine di luglio aveva detto a chiare lettere: “Valuteremo con il governo cinese e con il Parlamento italiano”. Insomma, se non era una netta presa di distanza era perlomeno una frenata rispetto alle posizioni del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Secondo quest’ultimo, come aveva avuto modo di dichiarare negli stessi giorni in un’intervista – “la scelta di aderire alla Via della seta fu un atto improvvisato e scellerato fatto dal governo Conte, che ha portato a un doppio risultato negativo. Noi abbiamo esportato un carici di arance in Cina, loro hanno triplicato in tre anni le esportazioni in Italia. La cosa più ridicola di allora fu che Parigi, senza firmare alcun trattato, in quei giorni vendette aerei a Pechino per decine di Miliardi”.

Bilaterale Meloni Xi previsto entro fine anno

L’Italia, aveva ribattuto Meloni, è l’unica nazione del G7 ad avere aderito all’accordo con la Cina ma non è quella che ha le migliori relazioni commerciali con Pechino. E nella querelle tutta interna al centrodestra era entrato anche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Pure prudentissimo su quell’accordo. “Vogliamo continuare a lavorare intensamente con la Cina – aveva affermato – ma dobbiamo fare un’analisi anche sull’export. Il Parlamento dovrà fare una valutazione e poi decidere se rinnovare o meno la nostra partecipazione a questo progetto”. E quasi rispondendo ad entrambi il premier aveva anche promesso che una decisione in merito sarebbe stata presa entro il mese di dicembre. Ma intanto, a margine del G20 che si tiene a Nuova Delhi, Giorgia Meloni incontrerà il premier cinese Li Qiang. L’incontro – secondo quanto appreso da fonti italiane – segue di pochi giorni la visita a Pechino del ministro degli Esteri, Tajani, mentre Meloni entro fine anno dovrebbe recarsi a Pechino, per incontrare Xi Jinping. Obiettivo del summit di oggi: fare il punto su questi dieci anni di via della seta, visto che l’accordo è in scadenza.

Il premier cinese aveva battezzato quel progetto “Belt and Road Initiative”. “Promuovere l’amicizia tra le persone e creare un futuro migliore” era il titolo del suo discorso tenuto alla Nazarbayev University di Astana, nel settembre del 2013. E se in ambito italiano il “partito” di chi non vuole rinnovare quell’accordo sembra per ora la maggioranza, da parte cinese si assicura invece – tramite il loro ministro degli Esteri, Wang Yi, che è il numero due della gerarchia del sistema di potere cinese – che la nuova via della seta ha invece funzionato, con l’interscambio commerciale che negli ultimi 5 anni è passato da 50 a 80 miliardi di dollari. Tuttavia, l’Italia si trova in una delicata posizione nel clima gelido che contrappone ormai da tempo gli Stati uniti e la Cina. Che ribadisce di voler cooperare con l’Italia per migliorare le relazioni commerciali e gli investimenti. “La Cina – ha dichiarato il portavoce del ministero del Commercio cinese, He Yadong, dopo la missione del ministro Tajani, a Pechino – è pronta a lavorare con l’Italia per approfondire la cooperazione reciprocamente vantaggiosa, esplorare le opportunità per potenziali scambi e investimenti e promuovere l’ulteriore sviluppo del partenariato strategico globale”. Come detto la reazione di Tajani era stata freddina (“risultati insoddisfacenti”, aveva commentato).

Tajani ha comunque ribadito che il governo dell’attuale presidente del consiglio, Giorgia Meloni, deciderà se restare nell’intesa previa consultazione in aula. Rimane comunque la determinazione a instaurare con la Cna una “cooperazione rafforzata” e a “non pregiudicare l’ampio potenziale del partenariato”. Con via della seta s’intende quell’insieme di itinerari terrestri, marittimi fluviali che permisero i commerci tra l’Oriente e l’Occidente all’epoca dell’Impero Romano. Oggi la via della seta, nelle intenzioni della Cina e del Governo Gialloverde che stipulò l’accordo nel 2019, prevede una via terrestre dalla Cina settentrionale, raggiungendo Teheran e Istanbul, per poi dirottare verso Mosca e raggiungere quindi l’Europa, in particolare le città di Rotterdam e Venezia. L’epidemia mondiale del lockdown aveva cambiato un po’ i piani, rallentando tutto il processo di interscambio. Il Memorandum firmato nel 2019 comprendeva ben 29 accordi per un totale di 7 miliardi di euro comprendente imprese italiane private e istituzionali, da start up innovative e e-commerce. Insomma, si tratta di uno scenario complesso e in continua evoluzione. Da qui la prudenza invocata dal premier prima di prendere una decisione che potrebbe risultare affrettata e lesiva per l’Italia.


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