Cronaca

Giovane ginecologa scomparve, primario finito sotto processo

di Ivano Tolettini -


Se davvero l’allora primario di ostetricia e ginecologia del Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo, non aveva avuto alcun sentore di disagi e difficoltà particolari da parte della dottoressa Sara Pedri, se non quando gli giunse nel tardo inverno 2021 una sua richiesta di malattia e allora la trasferì all’ospedale di Cles dove però non iniziò mai perché scomparve; e se davvero la riorganizzazione (“rivoluzione”) dell’unità operativa aveva portato risultati così notevoli come ha ripetuto in aula il ginecologo, per quali motivi di Sara Pedri non si hanno più notizie dal 4 marzo di tre anni fa dopo che si era dimessa e numerosi sanitari si sono costituiti parte civile ritenendosi vittime da stressa da lavoro – in tutto sono 21 le presunte parti lese con una richiesta di danni per 1,2 milioni di euro – nei confronti del dirigente medico Tateo e della sua vice Liliana Mereu, accusati di maltrattamenti e abusi di mezzi di correzione in corsia? A Trento dopo tre anni tiene sempre banco davanti all’opinione pubblica, e adesso in un’aula di tribunale dov’è iniziato il processo che ci celebra con il rito abbreviato a porte chiuse, il dramma della 31enne medico di Forlì, che la famiglia crede essersi suicidata in val di Sole dalle parti del lago artificiale di Santa Giustina, dove venne ritrovata la sua auto vicino al ponte di Mostizzolo, per la profonda prostrazione psicologica accumulata in reparto, così come il supposto grande disagio dei colleghi per l’asserito clima da caserma instaurato da Tateo e dalla sua aiuto, tanto da averli indotti a denunciare la pesante situazione. Perché se le cose andavano così bene come l’imputato ha dichiarato, gli ha chiesto il gup Marco Tamburrino durante la sua deposizione fiume durata quasi otto ore venerdì scorso, sarebbero sorti tutti questi problemi col personale medico e non solo? Perché si erano create delle fazioni e una era contro di lui, ha sottolineato Tateo, forse perché sono state frustrate ambizioni di carriera, ma soprattutto perché la riorganizzazione del grande reparto di eccellenza, che è punto di riferimento per l’intera provincia autonoma, aveva obbligato nuovi criteri di lavoro che non erano stati digeriti da professionisti abituati ad operare in un altro modo. Saverio Tateo, che nel frattempo ha vinto la causa di lavoro perché il giudice Giorgio Flaim ha dichiarato illegittimo il suo licenziamento del 19 ottobre 2021 e l’ha reintegrato – e adesso egli chiede danni per quasi 300 mila euro, ma l’Azienda provinciale per i servizi sanitari al massimo vorrebbe versarne 156 mila, perciò il braccio di ferro legale prosegue davanti a Flaim -, proseguirà nella deposizione fiume nei prossimi giorni quando risponderà anche alle domande dei pubblici ministeri Davide Ognibene e Maria Colpani, che hanno coordinato la complessa inchiesta che si è avvalsa di numerosi consulenti di parte.
Durante l’interrogatorio il primario Tateo si è commosso ricordando che quando la collega più giovane le disse che non si trovava bene “le risposi di farsi forza, che avremmo potuto aiutarla, e trasferirla”, ma Emanuela, sorella di Sara, che ha fondato l’associazione Nostos che aiuta le vittime di mobbing, ai cronisti sabato ha ricordato che in realtà “Tateo sapeva bennissimo del profondo disagio di mia sorella. La telefonata in cui Sara, in malattia per stress da lavoro, chiedeva del suo futuro, è stata la sua condanna”. Anche la madre della ginecologa scomparsa si è costituita parte civile. L’avvocato Salvatore Scuto, difensore del dirigente medico con il collega Nicola Stolfi, durante l’esame del suo assistito ha voluto fosse messo in risalto che la “rivoluzione gestionale” del reparto da 150 persone aveva suscitato anche malumori, così come che la ginecologa Pedri prima di far perdere le sue tracce inviò una mail al suo primario per ringraziarlo. Il giorno della scomparsa “fui informato la sera da un medico – ha detto al gup -, chiesi in reparto se qualcuno aveva con lei un rapporto più stretto e poteva sapere che cosa fosse successo”. “Non ho commesso alcuna vessazione professionale né alcun maltrattamento – ha ribadito il medico -, tutto avveniva nell’ambito di normali rapporti professionali”. Mentre le ginecologhe che si sono costituite parte civile parlando di “turni massacranti, aggressioni verbali”, insomma di un clima psicologico molto pesante, che avrebbe minato la fragilità di Sara.


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