Attualità

Giulia la vittima 105: e non sarà l’ultima

di Francesca Albergotti -


E siamo a 105. L’Italia intera sgomenta di fronte all’ennesimo femminicidio scruta sui media le immagini di Giulia e del suo sorriso dolce. Intanto il padre della vittima esorta le donne a “salvarsi la vita”, quello dell’assassino sussurra “pensavo fosse un ragazzo perfetto”. La politica chiede di mettere da parte gli scontri almeno in questo frangente, anche se non riesce a fare a meno di polemizzare sull’uso del termine femminicidio. In effetti femminicidio è una parola che il mio Word sottolinea rosso, come se sbagliassi ortografia, dev’essere di destra. La toccante poesia di una poetessa peruviana rimbalza ovunque e promossa a manifesto per annunciare “se domani non torno bruciate tutto” e anche “se domani tocca a me voglio essere l’ultima”.
No, purtroppo Giulia non sarà l’ultima. Temo che quando questo scritto andrà in stampa il numero 105, quello delle vittime di femminicidio da gennaio 2023, potrebbe essere salito a 106, o 107, chissà. So che è un pensiero atroce, ma Il femminicidio non è un’anomalia se fin dall’epoca dell’Homo sapiens le donne sono state uccise in quanto tali. Tracce di crimini di sesso sono state ritrovate dagli archeologi nel periodo Neolitico e Paleolitico al pari di infanticidi e di omicidi sacrificali femminili. I sistemi patriarcali sono stati prevalenti nella storia dell’umanità e la violenza di genere ha radici storiche e culturali radicate.
Se Aristotele pensava che la donna avesse il cervello più piccolo e fosse soltanto un “maschio mutilato”, se i romani consideravano le donne modelli di “imbecillitas mentis” e “infirmitas sexus”(passività sessuale), se durante il medioevo la femmina viene spesso rappresentata come diavolo in terra o strega e salvata dal Dolce Stil Novo che la eleva e la angelizza, ma solo per farne un tramite per far si che l’uomo possa avvicinarsi a Dio, se le donne protagoniste sulle barricate durante la rivoluzione francese sono state subito dopo invitate a tornare ad occuparsi delle faccende domestiche e non immischiarsi della guerra, se il mio idraulico rifiuta di parlare con me di un guasto alla caldaia ma pretende di argomentarne con un qualsiasi membro di famiglia purché sia di sesso maschile, si capisce che i grandiosi cambiamenti della condizione femminile dell’ultimo secolo sono un minuscolo passo in un cammino lungo e tortuoso.


Mentre noi combattiamo per una sacrosanta parità salariale siamo circondate da donne che non godono delle nostre conquiste e molto vicino a noi vivono 130 milioni di bambine che non possono frequentare la scuola, 720 milioni di donne costrette a sposare uomini che non hanno mai incontrato e di queste 250 milioni hanno meno di 15 anni, ci sono donne che non possono guidare la macchina e altre vengono mutilate per non conoscere mai il piacere del sesso ma lasciarlo monopolio esclusivo ai maschi.
La parità di genere mette in crisi il ruolo tradizionale dei maschi innescando un perverso meccanismo di difesa di tipo vendicativo nei confronti delle donne. Quanto gli uomini ne siano consapevoli non è dato a sapere, forse è arrivato il momento di aiutarli a imparare a stare insieme a noi in questa sorprendente realtà, senza far loro la guerra. Il nostro lavoro ora è provare a costruire un mondo più respirabile per tutti, imparare a parlarci in modo premuroso e egualitario, inclusivo e non aggressivo, senza “bruciare tutto” perché il malessere degli uomini che ci uccidono è così deflagrante che non c’è più tempo, come dice il papà di Giulia “dobbiamo salvare noi stesse”. Ovviamente tutto ciò non presuppone che un uomo che maltratti una donna possa essere giustificato. Hannah Arendt, la filosofa che rispetto alle dinamiche del carnefice Eichman ha teorizzato “la banalità del male” era assillata da una domanda: una persona può far del male senza essere malvagia? Chi è incapace di dare un valore morale alle proprie azioni, un uomo comune, superficiale e mediocre, può essere considerato malvagio o è solo un inetto “spaventosamente normale”?
La nostra tradizione filosofica è connaturata per non poter concepire l’idea del male radicale, d’altra parte mi domando io, se un uomo manca delle qualità intrinsecamente umane (pensare, consapevolezza, coscienza) ed è mosso soltanto da un atavico desiderio di sopraffazione sulla donna che considera sua proprietà non è forse un mostro?
Non lo so, comunque va punito. Proprio perché i crimini verso le donne sono stati reiterati e assolti nei secoli oggi gli uomini colpevoli di femminicidio devono essere puniti con inflessibilità e rigore, senza nessuno sconto. Ogni volta che per un cavillo giuridico o eccesso d’indulgenza un uomo che ha ammazzato una donna viene illegittimamente scarcerato viene compiuto un nuovo delitto non solo verso le donne, ma verso l’umanità intera.


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