Gli “Accordi di Abramo” traballano. Netanyahu, con la sua politica di aggressione continua, sta riuscendo a creare delle saldature impensabili fino a qualche mese fra leader dei Paesi arabo-islamici riuniti ieri a Doha per decidere le misure concrete da adottare in risposta al raid condotto la scorsa settimana da Israele sul Qatar, che aveva come obiettivo i capi di Hamas.
La reazione dei Paesi arabo-islamici
Il summit ha visto la partecipazione di diversi leader del mondo arabo e musulmano, tra cui i capi politici di Arabia Saudita, Turchia, Iran, Siria, Libano, Sudan, Iraq ed Egitto. Le intese firmate nel 2020 durante il primo mandato di Donald Trump, che hanno permesso l’apertura di relazioni diplomatiche e cooperazioni ufficiali tra Israele e alcuni Stati arabi, in particolare Emirati Arabi Uniti e Bahrein, a cui si sono aggiunti successivamente Marocco e Sudan, potrebbero diventare carta straccia per mano proprio del principale alleato del tycoon. Nello stesso giorno in cui il capo della diplomazia americana Marco Rubio ha confermato il “sostegno incrollabile” di Washington a Tel Aviv per il raggiungimento degli obiettivi che si è prefissato nella Striscia di Gaza, nella regione si è registrato un significativo cambio di postura.
“La brutale aggressione di Israele contro il Qatar compromette qualsiasi prospettiva di pace nella regione”, si legge nel documento finale adottato durante il vertice di emergenza. “Condanniamo con la massima fermezza l’attacco codardo e illegale di Israele allo Stato del Qatar”, hanno affermato i firmatari esprimendo “solidarietà assoluta al Qatar e sostegno alle sue misure di risposta”.
Le ricadute del raid di Israele sui negoziati
“Un attacco a una sede di mediazione neutrale – è scritto ancora – compromette i processi di pacificazione internazionali’”. Elogiata “la posizione civile e saggia del Qatar nel gestire questo attacco insidioso” e ribadito il “sostegno agli sforzi dei mediatori Qatar, Egitto e Stati Uniti per fermare l’aggressione a Gaza”.
Nel testo ai riconosce “il ruolo costruttivo del Qatar nella mediazione e nel sostegno al ripristino della sicurezza”. Netto il “rifiuto assoluto di qualsiasi tentativo di giustificare l’aggressione israeliana con qualsiasi pretesto”, così come il “rifiuto assoluto delle ripetute minacce di Israele circa la possibilità di colpire nuovamente il Qatar”.
L’arroganza di Netanyahu
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è assunto “piena responsabilità di Israele” per l’attacco in Qatar. Mostra “un’ipocrisia immensa” chi critica Israele per questo, ha proseguito Netanyahu accanto al Segretario di Stato americano Marco Rubio in visita in Israele.
Stati Uniti e Israele starebbero conducendo colloqui riservati, con il coinvolgimento indiretto di alcuni Paesi terzi, su un piano che prevede il trasferimento di esponenti di Hamas dalla Striscia di Gaza alla Tunisia. A riferirlo è stato l’analista di sicurezza Matthias Inbar. Il progetto ricalca il precedente del 1982, quando Yasser Arafat e l’Olp lasciarono Beirut dopo l’invasione israeliana del Libano per stabilirsi a Tunisi.
In vista dell’operazione israeliana per conquistare Gaza City, il movimento islamico di resistenza avrebbe trasferito gli ostaggi dai tunnel in superficie, in case e tende, per impedire all’esercito di operare in determinate aree.
Il governo spagnolo ha annullato un contratto con Israele del valore di quasi 700 milioni di euro (825 milioni di dollari) per lanciarazzi di progettazione israeliana.