Esteri

Gli eurocinesi

di Adolfo Spezzaferro -


Meglio tardi che mai: Ursula von der Leyen ammette che l’Unione europea non può fare a meno della Cina e deve tenersi caro questo partner commerciale di vitale importanza. In una sorta di presa di coscienza, la presidente della Commissione Ue cerca di smarcarsi il giusto dalle ingerenze degli Stati Uniti, che vogliono che Bruxelles rispetto al conflitto russo-ucriano sia contro il blocco Russia-Cina, senza distinzioni. Ma gli analisti fanno presente che come la Cina non se ne fa niente di un’eurozona in ginocchio per via degli effetti della guerra e delle sanzioni e quindi punta a una rapida soluzione diplomatica del conflitto, così la Ue dovrebbe sganciarsi dagli Usa, che rischiano una crisi gravissima, che neanche i profitti dell’industria bellica può risollevare. Gli States sono indebitati per 1.400 miliardi di dollari oltre il massimo consentito dal Congresso, hanno un’inflazione galoppante hanno speso 100 miliardi per la guerra di Zelensky e stanno perdendo sempre più piede nei mercati globali, anche a causa della de-dollarizzazione.
In questo quadro, ossia in un mondo multipolare, il cosiddetto nuovo ordine mondiale di Pechino, dove appunto Cina e Russia fanno affari a Oriente, in Africa e in Medio Oriente, in un mondo che non crede e non sostiene la contrapposizione Occidente baluardo della democrazia contro i “cattivi”, la Ue deve riuscire a scindere e tenere separate la guerra e gli affari. Perché Bruxelles non è in guerra con Pechino. E il fatto che la Cina sia alleata della Russia e non abbia condannato l’operazione militare speciale nel Donbass non significa che la Ue possa permettersi di fare a meno del dragone.

Ecco perché la von der Leyen propone rivedere, almeno in parte, le relazioni Ue-Cina, suggerendo anche strumenti restrittivi, ma sempre nel contesto di una rete di relazioni politiche e soprattutto economiche irrinunciabili. Ciò di cui la von der Leyen prende atto – che poi è il nodo principale – è che Pechino ha cambiato postura sul fronte internazionale. La presidente della Commissione Ue parla di “fusione dei settori del commercio e della difesa”, e ricorda che il presidente Xi Jinping ha parlato di recente della necessità di trasformare la difesa cinese in “un grande muro d’acciaio che salvaguardi efficacemente la sovranità nazionale, la sicurezza e lo sviluppo degli interessi nazionali”. La Cina non promuove più “apertura e riforme, ma sicurezza e controllo”, sottolinea la von der Leyen. Ciononostante, Bruxelles propone ai 27 di puntare sugli interessi comuni: il cambiamento climatico e la difesa della biodiversità. “Non credo sia fattibile – né è nell’interesse dell’Europa – sganciarsi dalla Cina”, spiega la presidente della Commissione. Ma soprattutto bisogna puntare a una pace giusta per Kiev.
La Cina, che è un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha la “responsabilità” di lavorare perché in Ucraina si arrivi ad una pace “giusta”, fa presente la governante europea. Il rapporto tra Ue e Cina “è uno dei più intricati e importanti al mondo. E il modo in cui lo gestiamo sarà determinante per la nostra futura prosperità economica e per la sicurezza nazionale”. Il raggio d’azione della Cina, che ha fatto uscire 800 milioni di persone dalla povertà dal 1978 a oggi, “si estende a tutti i continenti e alle istituzioni globali, e le sue ambizioni sono maggiori. Attraverso la Belt and Road Initiative, è il più grande finanziatore dei Paesi in via di sviluppo.

Una potenza economica di tale grandezza va in qualche modo contenuta, nelle relazioni commerciali con la Ue. “Le nostre relazioni sono sbilanciate e sempre più influenzate dalle distorsioni create dal sistema capitalistico statale cinese, dobbiamo quindi riequilibrare queste relazioni sulla base della trasparenza, della prevedibilità e della reciprocità e garantire che le nostre relazioni commerciali e di investimento promuovano la prosperità in Cina e nella Ue”, spiega la von der Leyen.

Business is business, d’altronde. Nel 2020, la Ue aveva accumulato investimenti in Cina per 201,2 miliardi di euro (67,3 miliardi gli investimenti cinesi in Europa). Il fronte commerciale mostrava nel 2021 un saldo sfavorevole all’Europa di 249,2 miliardi di euro. L’accordo bilaterale dedicato agli investimenti e raggiunto nel dicembre 2020 appare ormai superato dagli eventi, tanto più che “il modo in cui la Cina continuerà a valutare la guerra russa in Ucraina sarà un fattore determinante per le relazioni UE-Cina”. “Dobbiamo riconoscere che il mondo e la Cina sono cambiati negli ultimi tre anni e dobbiamo rivalutare l’Accordo alla luce della nostra più ampia strategia per la Cina”, precisa.

La presidente della Commissione Ue si recherà a Pechino la settimana prossima insieme al presidente francese Emmanuel Macron. Tra le altre cose sarà l’occasione per fare pressione sulla Cina perché faccia da mediatore nel conflitto tra Mosca e Kiev. A tal proposito esiste il precedente della proposta di pace di Pechino, respinta dagli Usa e dalla Nato e quindi dalla Ue. Proposta ritenuta irricevibile in virtù dell’alleanza tra Pechino e Mosca. Ma gli affari sono affari.


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