Editoriale

Gli studenti che vanno bene non se li fila più nessuno

di Adolfo Spezzaferro -


Quando il déjà vu non porta nulla di buono, ma solo tanta noia e un pizzico di preoccupazione. Come nel caso delle proteste inscenate all’esame orale della maturità, in cui gli studenti hanno fatto scena muta contro una scuola che non li capisce, che li giudica con un arido numeretto. Chiamando in causa l’angoscia, la solitudine e tutto il repertorio da confessionale social. Scusate: ma quelli che studiano e vanno bene, sono passati di moda?

Pietro Marconcini, 19 enne di un liceo classico romano, ha chiesto al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara di abbassare il suo voto da 83 centesimi a 60, “per tutte le prese in giro subite, per un sistema alienante e cieco, le chiedo di ufficializzare il mio 60/100”. Un gesto che nelle scorse settimane non è rimasto isolato: da Padova a Pesaro, decine di maturandi hanno boicottato gli orali, rifiutando una valutazione numerica che giudicano disumana e oppressiva (però i voti ai giocatori post partita quelli non sono umilianti…). A Belluno una studentessa ha accusato i docenti di “non averla mai conosciuta davvero”.

Il fil rouge di questi episodi sarebbe la richiesta di una scuola che non misuri solo i voti, ma valorizzi le persone. Marconcini, militante comunista, ha protestato contro “il governo di estrema destra”. Dal canto suo, il ministro aveva già ribadito che “non si prendono in giro gli insegnanti, si rispetta il loro lavoro. Si rispettano i compagni che hanno creduto in quel momento e si sono impegnati, che hanno provato ansia, stress, coltivato speranze. Devo rispettare il loro impegno, non posso farla franca se decido di fare scena muta”, ha sottolineato Valditara, annunciando che chi non sosterrà l’orale in segno di protesta sarà bocciato.

Giusto? Certo che sì. Ma Marconcini ha rincarato la dose: “I dati sul disagio dei giovani valgono soprattutto per l’università. Meglio finire l’università sei mesi più tardi che trascorrere tutte le sere piangendo e stando male”. Già, l’università, dove quello studente che è stato bocciato all’ultimo esame prima della laurea ha chiesto di essere promosso per potersi meglio concentrare sulla tesi.

Vi ricordate il “6 politico”? Il ‘68 e gli anni della contestazione studentesca (che ci hanno rifilato tra le altre cose prof ignoranti che sfornano asini di ogni ordine e grado)? Allora, sia chiaro: ben venga la contestazione – rientra in un sano scontro generazionale – ma prima si studia. Si protesta stando dalla parte del giusto: se si fa scena muta si passa automaticamente dalla parte del torto. A scuola si va per apprendere non solo le varie materie ma anche l’educazione civile, il rispetto, il senso della misura. Servono dunque disciplina e severità di giudizio: perché una lettera di richiamo sul posto di lavoro è come un voto basso in condotta. Ma da scuola non ti licenziano.


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