Attualità

Gli studenti possono scegliere la propria identità sessuale: Pro Vita & Famiglia contro il ministero

Manifestazione oggi a viale Trastevere per contestare la “carriera alias”, già attiva in alcune scuole italiane: un registro che consente di cambiare il proprio nome anagrafico

di Federico Cenci -


Martina è un’alunna diciottenne che frequenta l’ultimo anno di liceo. Ogni mattina si sveglia e, prima di andare a scuola, sceglie se indossare un paio di scarpe da ginnastica o dei mocassini, nonché se legarsi i capelli o lasciarli sciolti dietro la nuca. Nulla di cui stupirsi. Suscita perplessità, piuttosto, che se Martina frequenta una delle scuole che hanno aderito alla cosiddetta “carriera alias”, può scegliere anche se farsi chiamare con il suo nome anagrafico o con un altro – maschile – a proprio piacimento. Martina, insomma, in alcune scuole italiane può diventare Martino, o anche Francesco, Alessandro, Mario.

La questione è balzata alle cronache nelle scorse settimane, quando il Liceo Scientifico e Artistico “Alessandro Serpieri” di Rimini ha annunciato l’attuazione di questo registro anagrafico dallo slancio creativo. E così dal prossimo anno, si legge in una nota della scuola romagnola, “gli studenti e le studentesse del liceo che si riconoscono come transgender o gender variant e decidono di essere riconosciuti e denominati con un genere alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita possono farlo”.

E il ministero dell’Istruzione cosa fa dinnanzi a una decisione così radicale assunta da una scuola pubblica italiana? Se lo chiedono numerose famiglie italiane e l’associazione Pro Vita & Famiglia, che oggi ha manifestato sotto il dicastero di viale Trastevere. “Su pressione del movimento Lgbt decine di scuole italiane stanno adottando la cosiddetta ‘carriera alias’ per consentire agli studenti di cambiare nome a piacimento sui documenti in base a una presunta ‘identità di genere’ auto-percepita, priva di qualsiasi certificazione clinica di disforia di genere”, rende noto Pro Vita & Famiglia. “La scuola pubblica sta capitolando davanti all’ideologia gender, istigando ragazzi e ragazze a mettere in dubbio la loro identità sessuale e tagliando completamente fuori le famiglie e i genitori”.

Decine di attivisti sulla scalinata del ministero dell’Istruzione impugnavano cartelli di protesta e un paio di striscioni il cui leit motiv era lo slogan “stop gender a scuola”. Per Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, “il ministro Bianchi deve stoppare questa follia”, perché “consentire agli studenti di scegliere come essere chiamati a scuola in base a una presunta identità di genere auto-percepita è una prassi totalmente illegale e pericolosa, perché può rafforzare negli adolescenti stati di incertezza emotiva statisticamente fisiologici e passeggeri”. Si attende ora una risposta da parte del ministro Bianchi.


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