Si diceva disgustato dalle retoriche di giornalisti e scrittori di riuscire a far merce e carriera perfino delle paure
Goffredo Fofi, morto ieri a 88 anni, terminava spesso i suoi pamphlet con un capitoletto intitolato al leniniano “Che fare?“. Ma fin da giovane aveva saputo cosa fare e ancora ci pensava: Gad Lerner ha raccontato che in ospedale meditava di scrivere quest’estate un libro sulla vita dei suoi coetanei di Gubbio e uno su come raccontare la guerra ai bambini.
Fofi, l’impegno politico e sociale
“Da Palermo (al fianco di Danilo Dolci, ndr) a Roma a Torino a Parigi, da Milano a Napoli a Milano di nuovo e di nuovo a Napoli e Roma – scriveva in “Da pochi a pochi” – sono stato dentro la parte dei movimenti e dei gruppi di intervento sociale o politico o culturale che mi erano più congeniali”. Intellettuale mai “di corte”, voce scomoda “dai margini” per guardare meglio le storture.
“Sbatti il mostro in prima pagina”
Critico cinematografico, scrisse la sceneggiatura di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio, ispirandosi ai “piccoli film” di Fritz Lang, per illustrare la manipolazione del potere nei mass media.
Il disgusto per la retorica
Ne “L’oppio del popolo” si era detto “disgustato dalle retoriche di professori e guru e giornalisti e scrittori e registi di riuscire a far merce e carriera perfino dell’apocalisse, delle paure che tuttavia pervadono l’inconscio dei milioni e la coscienza dei pochi”.
“Da dove partire – si era chiesto -, da dove ricominciare? Il discorso è aperto, una volta che ci si sia liberati dalle menzogne e illusioni dell’epoca, e riguarda, a mio parere, anzitutto il terreno della scuola, dell’educazione. Di lì si può partire, anche in pochi, convinti che tra maestri e professori (perfino, forse, in qualche angolo appartato dell’università) ci sia ancora qualcuna o qualcuno che crede nelle possibilità liberatorie della conoscenza, della cultura, di una trasmissione, e soprattutto di un metodo di lavoro che dia all’educazione, in senso socratico, la necessità e la dignità che le si è data in passato, da parte anche allora di minoranze non-accettanti“.
Fofi sapeva fare riviste
Sapeva fare riviste e ne aveva create tante, credendo “nella cultura come strumento di emancipazione dei singoli e delle masse”,amando “far scrivere gli altri e leggere i libri degli altri piuttosto che scriverne lui”. Contento di essere “cresciuto negli anni delle grandi speranze della nostra storia e dell’altrui”.