Economia

Grandi manovre contrapposte Nato-Csto. E intanto il rublo vola…

Esercitazioni nel Baltico, con Finlandia e Svezia in prima linea. Putin va al contrattacco e annuncia quelle in Kazakistan e altri Paesi ex Urss

di Adolfo Spezzaferro -


L’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato non rappresenta una minaccia per la Russia, ma Mosca reagirà con le dovute contromisure militari. Lo chiarisce il presidente russo Vladimir Putin annunciando nuove esercitazioni della Csto-Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, guidata dalla Federazione Russa. Un contrattacco dunque sul fronte delle grandi manovre. Al vertice Csto a Mosca, Putin da un canto ribadisce di non avere problemi con Helsinki e Stoccolma ma al contempo lancia le esercitazioni militari congiunte per questo autunno. Grandi manovre che si svolgeranno in Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, tutti Paesi nella sfera d’influenza della Russia. “Sono convinto” che le esercitazioni “contribuiranno a rafforzare la nostra reattività nel combattimento, a migliorare il coordinamento tra le strutture militari dei nostri Stati, e – afferma convinto il presidente russo – a rafforzare il mantenimento della pace in generale”.
Una stagione di grandi manovre dunque che tiene alta la tensione tra Occidente e Russia, visto e considerato che la Nato ha appena dato il via a una maxi esercitazione nel Baltico proprio con Finlandia e Svezia. Si tratta dell’operazione Hedgehog, una delle più grandi esercitazioni nell’area baltica da quando esiste l’Alleanza atlantica. L’operazione si svolgerà in Estonia per le prossime due settimane e coinvolgerà 15mila soldati da 10 Paesi, compresi ovviamente Regno Unito e Stati Uniti.
Al contempo peraltro, non senza polemiche, si sta svolgendo l’operazione Mare Aperto al largo della Sardegna. Alle esercitazioni stanno prendendo parte 5mila militari appartenenti a sette nazioni Nato e oltre 65 mezzi tra navi, sommergibili, velivoli, elicotteri. Nonché reparti della componente anfibia con mezzi da sbarco e veicoli d’assalto. Insomma, il colpo d’occhio sull’Europa evoca i prodromi di un conflitto su larga scala. Ma così non è, visto che in realtà si tratta di esercitazioni – come nel caso della Sardegna – programmate da tempo, con cadenza annuale, e che nulla hanno a che vedere con il conflitto russo-ucraino. Questo per fare la tara rispetto agli allarmismi scatenati da chi mette in correlazione le grandi manovre Nato con l’invasione dell’Ucraina.
Resta tuttavia il rischio che la tensione salga ulteriormente. Dal canto suo, Putin in qualche modo getta acqua sul fuoco, pur chiarendo che se i 1.300 chilometri di confine condivisi con la Finlandia dovessero diventare confini Nato, la Russia dovrà necessariamente approntare contromisure adeguate in quell’area. “La Russia non ha problemi con la Finlandia e la Svezia – afferma il presidente russo – e la loro possibile adesione alla Nato non crea alcuna minaccia per Mosca”. Come riporta l’agenzia russa Tass, però, “quello che provocherà sicuramente la nostra risposta – precisa Putin – è l’espansione delle infrastrutture militari della Nato nei territori dei Paesi che aderiscono all’organizzazione. E vedremo come sarà tale risposta a seconda delle minacce che ci porranno”. Più in generale, il presidente russo sottolinea che a parer suo “l’espansione della Nato è un problema creato in modo artificiale nell’interesse degli Stati Uniti”. Questo perché – sostiene Putin – “la Nato viene utilizzata come strumento di politica estera, in modo abbastanza persistente, abile e molto aggressivo” – ha detto – tutto ciò aggrava un clima di sicurezza internazionale già difficile”.
Ma attenzione, ricordiamoci che del Csto – alleanza militare che risale all’Urss – fanno parte Paesi come appunto il Kazakistan, da cui dovrebbe arrivare il gas che compreremmo in alternativa a quello russo. Inutile dire che l’influenza di Mosca avrà il suo peso anche in tal senso e che non è affatto scontato che l’oro blu ci arriverà a prezzi convenienti.
Esercitazioni e gasdotti a parte, infine, salta agli occhi come il conflitto russo-ucraino si riverberi sulle economie da un lato dei Paesi che hanno applicato le sanzioni contro Mosca e dall’altro sull’economia russa, sostanzialmente “chiusa” e abbastanza immune alle misure messe in atto dall’Occidente. Prova provata ne è l’andamento del rublo. Ora, posto che tanto dipende dall’andamento dei mercati e dalle speculazioni inevitabili in tempi di guerra – basti pensare a quelle sui prezzi dell’energia e dei cereali – lo stato di salute della valuta russa è inequivocabile. Certo è che dietro il rublo ci sono le politiche valutarie e di controllo dei capitali da parte della banca centrale russa e del Cremlino. Tuttavia, i numeri parlano chiaro: il rublo è ai massimi sull’euro degli ultimi cinque anni. Mentre nei confronti del dollaro è risalito ai livelli precedenti all’invasione dell’Ucraina. Questo rafforzamento del rublo – indubbiamente tra i più importanti registrati dall’inizio dell’anno – è possibile anche e soprattutto alle restrizioni sullo scambio di valuta. Stiamo parlando, per esempio, della conversione obbligatoria degli incassi ricavati dalle esportazioni. Tutte mosse che rafforzano la valuta russa sui mercati valutari internazionali. Insomma, ancora una volta appare evidente che a pagare le sanzioni è l’eurozona, a partire dall’Italia.


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