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Gratosoglio: ecco dove vivevano i 4 minori rom del caso De Astis

Da 20 anni su quel terreno il campo: la polemica Salvini-Sala, la dispersione scolastica al top

di Giorgio Brescia -


Gratosoglio, quartiere della periferia sud di Milano, edilizia popolare sviluppata a partire dagli Anni Sessanta. E’ qui che è ubicato il campo rom di via Selvanenco dal quale sono partiti i quattro minorenni che, a bordo di un’auto con targa francese rubata, hanno investito e ucciso tre giorni fa la 71enne Cecilia De Astis.

Da 20 anni quel campo rom del Gratosoglio

Qui, negli ultimi giorni, le famiglie dei quattro bambini si sono prima allontanate e poi sono ritornate.

Gratosoglio, oltre 40 ettari di superficie, circa 10mila abitanti, un tempo nata per ospitare una comunità di lavoratori migranti provenienti dal Sud, è l’altra faccia di quella Milano da settimane indagata dai magistrati nella sua versione innovativa, quella della riqualificazione e della rigenerazione urbana. Che non aveva trascurato Gratosoglio.

Qui il progetto pilota “Gratosoglio 2.0 Strategie sostenibili per un grande quartiere pubblico” promosso dalla Regione Lombardia, con circa 52 milioni di euro. Un programma parte di un Bando PINQuA (acronimo emblematico per Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare) che prevede interventi di efficientamento e ricondizionamento di 11 edifici residenziali nella parte sud del quartiere, oltre a una riqualificazione degli spazi aperti, al miglioramento della sicurezza e all’illuminazione dei percorsi pedonali.

La piazza “senza nome”

Qui, perfino la rifunzionalizzazione di un edificio esistente per creare un hub di quartiere con servizi alla persona e spazi di coworking, la riqualificazione della piazza chiamata Senza Nome, il recupero di spazi commerciali dismessi e iniziative sociali come progetti di cohousing diffuso e sostegno a popolazioni anziane.

Il degrado

Qui pure – come segnala un progetto dei Lions – segnali di disagio e conflittualità sociale: tossicodipendenza, alcolismo, disoccupazione, abbandono scolastico e dinamiche di integrazione sociale da gestire, una percezione generalizzata di insicurezza.

E qui, a Gratosoglio, il campo rom che è qui da 20 anni, dicono i residenti del quartiere che possono ricordarselo. Per loro, anche difficile risalire a chi governasse Milano in quegli anni. Un esercizio forse inutile, perché la questione dei campi rom rimane, in Italia, generalmente insoluta sotto le governance di ogni colore.

Uno spiazzo di terra battuta in fondo a una traversa sterrata della via. Vegetazione incolta, rottami e spazzatura abbandonata e bruciata, furgoni, camper e roulotte. Le famiglie rom vi abitano e qualcuno ci tiene pure a dire che l’insediamento non è abusivo, il terreno è di proprietà privata, presumibilmente acquistato da una delle famiglie bosniache che vi risiedono.

Negli anni precedenti, nelle vicinanze, a circa 500 metri, c’era un altro campo nomadi abusivo, che fu sgomberato nel 2013. Furono allontanate 48 persone di origine romena a causa di condizioni ambientali malsane e rischio igienico.

La polemica Salvini-Sala

Al leader leghista Matteo Salvini che invoca le ruspe, il sindaco Sala ha opposto il racconto di quanto fatto dal 2013. lo smantellamento di alcuni campi, l’inclusione di alcune famiglie in alloggi popolari. Difficile, si dice, l’intervento in via Selvanenco, complesso per esempio affrontare la dispersione scolastica. Oggi, da tutti gli esperti intervistati dai media, ritenuto il primo gradino per fare cittadini i minori.


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