Cronaca

GRAVI INDIZI DI REATO – Diana e la solitudine che uccide: il caso che sconvolge l’Italia

di Francesca Petrosillo -


GRAVI INDIZI DI REATO – Diana e la solitudine che uccide: il caso che sconvolge l’Italia

È una calda mattinata di luglio 2022 quando Alessia Pifferi, 37 anni, chiude la porta del suo appartamento a Milano ed esce. Sul lettino da campeggio c’è sua figlia Diana, dorme. Ha solo 18 mesi: non cammina ancora, non parla. Alessia prende lo zaino, lascia un biberon con un po’ di latte e se ne va. Per sei lunghissimi giorni, la piccola resta sola in casa. Nessuno entra, nessuno si accorge. Diana piange, si dispera, poi lentamente si spegne. Muore di fame, di sete, di stenti.
Quando Pifferi torna a casa, trova la figlia ormai senza vita. Chiama i soccorsi, racconta di un malore improvviso, ma per Diana non c’è più nulla da fare.

L’arresto di Pifferi arriva subito dopo la scoperta del corpo. Già dalle sue prime dichiarazioni emergono significative incongruenze e gli investigatori comprendono rapidamente che non si è trattato di una dimenticanza né di un incidente.
Alessia Pifferi è partita con l’uomo che stava frequentando per una vacanza a Leffe, nel Bergamasco. La donna ammette: sapeva che la figlia poteva morire, ma ha deciso comunque di partire. Parla di stanchezza, di solitudine, di un peso troppo grande da gestire da sola. Racconta bugie sullo stato di salute della bambina, accennando a una presunta encefalopatia mai diagnosticata. È un tentativo confuso di giustificare un gesto che sembra ingiustificabile. Nel frattempo, emergono dettagli sempre più inquietanti. Si scopre che Pifferi ha già abbandonato la figlia in passato, anche se per periodi più brevi. Diana viveva in un contesto di forte trascuratezza, ma nessuna segnalazione efficace aveva attivato i servizi sociali.

Il processo si apre nell’autunno 2023. Alessia Pifferi si presenta in aula visibilmente provata. La sua difesa punta sull’incapacità mentale, sostenendo che la donna non fosse in grado di valutare pienamente le proprie azioni. Ma la perizia psichiatrica incaricata dal tribunale esclude ogni forma di infermità: la donna è pienamente capace di intendere e volere. I giudici parlano di una condotta lucida, di una scelta fredda, prolungata nel tempo.

Nel luglio 2024 arriva la sentenza: ergastolo per omicidio volontario aggravato. Secondo la Corte d’Assise, Pifferi ha messo al primo posto la propria vita privata, sacrificando quella della figlia e nessuna attenuante le viene concessa.
Il caso solleva interrogativi profondi: sulla maternità non desiderata, sull’assenza di supporto nei contesti fragili, sul ruolo delle istituzioni e della comunità. Ma soprattutto lascia un vuoto, quello della piccola Diana, morta nel silenzio, vittima di un abbandono che diventa omicidio.


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