Ambiente

Green business

di Angelo Vitale -


 

La sfida per l’energia pulita si misura sulle tecnologie e sulle strategie industriali messe in campo. Nuovi mercati e l’opportunità di milioni di posti di lavoro si accompagnano, però, a nuovi rischi. Questa, l’analisi del rapporto Energy Technology Perspectives 2023 dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) che, dal 2015, con l’economista turco Fatih Brol al vertice della sua direzione esecutiva, ha spianato la strada a diventare hub globale proprio per le tecnologie energetiche pulite. Anche per questo Birol ha aperto le porte dell’IEA alle principali economie emergenti tra cui Brasile, Cina, India e Sud Africa: in questo modo, sotto il suo mandato la quota dell’Agenzia nella domanda globale di energia è passata dal 40% a quasi l’80%.
Il rapporto si presenta come la prima guida globale al mondo per le industrie della tecnologia pulita del futuro e illustra la produzione globale di pannelli solari, turbine eoliche, batterie per veicoli elettrici, elettrolizzatori per idrogeno e pompe di calore e delle relative catene di approvvigionamento in tutto il mondo, oltre a prevederne i percorsi futuri.
In primo piano, il mercato globale delle principali tecnologie energetiche pulite che potrà arrivare a 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, più del triplo del livello attuale, se i Paesi di tutto il mondo daranno concreta attuazione ai loro impegni energetici e climatici. Ne risulterebbero posti di lavoro più che raddoppiati, dagli attuali 6 milioni a quasi 14 milioni entro il 2030, dando il via a un trend di rapida crescita industriale e occupazionale nei prossimi decenni. “Già 2 anni evidenziavamo l’emersione rapida di una nuova economia energetica globale – dice Birol -. Oggi, ogni Paese deve capire come può trarre vantaggio dalle opportunità, affrontandone le sfide. Stiamo parlando di nuovi mercati per centinaia di miliardi di dollari e di milioni di nuovi posti di lavoro, con una pipeline di progetti globali ampia e in crescita, con gli investimenti che fornirebbero i due terzi di ciò che è necessario in un percorso verso lo zero delle emissioni”.
Dopo le opportunità, i rischi. Quelli di elevate concentrazioni geografiche per l’estrazione e la lavorazione delle risorse. Per pannelli solari, eolico, batterie, elettrolizzatori e pompe di calore i 3 maggiori Paesi produttori rappresentano il 70% per ciascuna tecnologia, con la Cina a dominarle tutte. E gran parte dell’estrazione di minerali critici è concentrata in pochi Paesi, come il Congo con il 70% del cobalto mondiale e Australia, Cile e Cina che rappresentano il 90% della produzione mondiale di litio.
Catene di approvvigionamento strette che negli ultimi anni hanno fatto impennare i prezzi delle tecnologie per l’energia pulita rendendo costose e difficili le transizioni energetiche pulite. L’aumento dei prezzi di cobalto, litio e nichel ha portato all’aumento dei prezzi delle batterie per veicoli elettrici del 10% nel 2022. E anche il costo delle turbine eoliche al di fuori della Cina è aumentato dopo anni di calo.
Un bene per tutti, invece, con catene di approvvigionamento più diversificate, commenta Birol – “se non vogliamo pagare un prezzo troppo alto, come ci ha insegnato la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Ma occorre una competizione leale: nessun Paese è un’isola energetica e serve la collaborazione di tutti”.
Il percorso è anche accidentato: al via solo il 25% dei progetti di solare fotovoltaico, il 35% per le batterie e meno del 10% per gli elettrolizzatori.

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