Ambiente

Green Port: la sfida verde per l’economia del mare. Della Morte (UniParthenope): “Così creiamo i nuovi manager”

di Eleonora Ciaffoloni -


“Il sistema porto deve essere orientato in un’ottica di eco-sostenibilità. Fino ad oggi ciò era stato affrontato facendo ricorso a singoli specialisti. Ma il nuovo scenario richiede delle figure dotate di nuove competenze”. Per questo nasce da una iniziativa del dipartimento di ingegneria dell’Università Parthenope di Napoli il corso di perfezionamento in Economia circolare e Transizione ecologica per la gestione dei porti, in collaborazione con Rete Ambiente e Finedi. A parlarcene è la direttrice, la professoressa Renata Della Morte. L’iniziativa “è rivolta a studenti, ma anche a giovani professionisti pronti a impegnarsi nella conversione di attività già esistenti ma che guardano agli sviluppi dell’economia circolare. L’obiettivo è quello di creare competenze trasversali, integrando alla formazione dei partecipanti qualifiche utili a esercitare il ruolo di manager della transizione nei green port”.
Perché nasce questo corso e perché è importante?
Le linee principali dell’iniziativa sono due: da un lato approfondire i concetti di transizione ecologica sulla base dei criteri dell’economia circolare, evidenziando il diverso funzionamento delle responsabilità dei flussi economici e dei nuovi vincoli normativi. L’altra linea è di approfondire i punti nodali che possono determinare la sostenibilità di tutte le attività nelle aree portuali: conversione energetica, mobilità sostenibile, valorizzazione dei materiali di rifiuti.
Green Port. Quanto è legato al territorio?
Il corso è patrocinato dall’Autorità portuale del Tirreno Centrale e la Parthenope ha da sempre come mission il mare. Non solo, insieme ai docenti, nel corso interverranno anche professionalità esterne reclutate in relazione alle attività che si svolgono nel porto di Napoli, ma anche provenienti dal sistema portuale di Trieste e di Genova, proprio per poter confrontare caratteristiche e problematiche di diverse realtà. L’obiettivo è di formare professionisti trasversalmente, indipendentemente dalla porzione di territorio in cui si troveranno a operare.
Qual è la prospettiva per i manager della transizione?
Si tratta di una figura che può essere legata a tutte le aziende pubbliche e private che si interessano di progetti di sostenibilità. Stiamo assistendo a un cambiamento radicale del contesto in cui operano le aziende e abbiamo non solo maggiore concezione del tema porto, ma anche un quadro rinnovato in cui le nuove imprese devono farsi interpreti di nuove responsabilità legate all’orizzonte internazionale della tradizione ecologica da un lato e dall’altro alle direttive europee. Crediamo che questa figura professionale possa aiutare nella conversione delle attività.
Una nuova visione di lavoro che si inserisce nell’economia circolare. In che modo?
Questo approccio vede una radicale trasformazione di prodotti e servizi. Oggi ci sono dei modelli avviati in tal senso, anche se è l’economia lineare a rimanere dominante nel mercato. Eppure, nell’ottica della transizione la visione è diversa e circolare, non solo dal punto di vista normativo, ma anche di funzionamento. Nel corso approfondiremo la nuova linea dell’economia circolare, il funzionamento e le responsabilità. Abbiamo delle unità dedicate alla valorizzazione dei materiali e dei rifiuti, ma anche alla logistica e alla mobilità sostenibile dei porti.
Possiamo parlare di occupazioni del futuro?
Credo che i nuovi vincoli dettati dalle direttive europee portino necessariamente a trovare delle figure con competenze traversali e figure professionali che possano approcciarsi al tema della transizione.


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