Economia

GUERRA ALLA BCE

di Giovanni Vasso -


Quando il gioco si fa duro, Guido Crosetto inizia a giocare. Il ministro alla Difesa, nei giorni scorsi, aveva già annunciato il repulisti meloniano nelle stanze dei bottoni dell’alta burocrazia di Stato. Adesso torna sulla battaglia più importante di tutte, quella europea. Non c’entra il sovranismo e nemmeno le tentazioni di “exit” che pure sono state solleticate, negli anni scorsi, dalla destra italiana. Il tema è molto più serio. E riguarda le strategie della Bce che, nei prossimi mesi, non solo continuerà ad alzare i tassi ma non rinnoverà e non acquisterà più titoli di Stato (tra cui quelli italiani), lasciando i Paesi membri senza quell’ombrello, aperto a suo tempo dall’ex governatore Mario Draghi, che pure era servito a sostenere gli Stati della Ue durante la fase durissima del Covid. Ma c’è di più. I mercati vivono di segnali. La lezione del price cap al prezzo del gas è proprio questa. È bastato trovare un’intesa su una soglia credibile per far deprimere la speculazione al Ttif di Amsterdam e tornare ai prezzi (già alti…) pre-guerra in Ucraina. Passare dal Quantitative Easing al Quantative Tightening sarà come passare dal giorno alla notte. E i mercati, che vivono di segnali, potrebbero reagire in maniera fragorosa, scatenando un’altra impennata dello spread. Con effetti devastanti sulle economie nazionali. Quella italiana in primis.
Guido Crosetto ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui ha tuonato contro il cambio di politica adottato dalla Bce e annunciato, con insolita tonitruanza, dalla presidente Christine Lagarde. “Le condizioni economiche del Paese rischiano di peggiorare se verranno a mancare le tutele esterne che hanno aiutato negli ultimi anni. Per questo fatico a comprendere le ragioni che hanno spinto la Bce a cambiare politica sugli acquisti dei titoli di Stato europei, in un momento già economicamente molto complesso, per certi versi drammatico, come quello che sta attraversando il mondo e l’Ue in particolare”. Quindi ha aggiunto: “Il giudizio degli economisti è lo stesso da anni perché l’Italia ha un debito pubblico altissimo, solo che questo fattore non ha pesato negli ultimi anni perché c’è stato il whatever it takes di Draghi. Le condizioni esterne, tassi, inflazione, allentamento dei parametri, sono state fantastiche, con la Bce che ha costruito un grandissimo ombrello sulle emissioni dei titoli. Ora il cambio repentino di politiche della Banca centrale rischia di avere un effetto particolarmente negativo su di noi”. Per evitare il tracollo italiano, secondo Crosetto, occorre riportare il primato della politica sull’economia o, quantomeno, restituire un interlocutore a organismi che, al momento, sembrano non avere a chi rispondere: “L’Europa deve porsi il tema di come coniugare le rilevanti decisioni politiche, assunte in modo indipendente dalla Bce e dall’Eba, con quelle che prendono la Commissione europea e i governi nazionali. Abbiamo lasciato a organismi indipendenti e che rispondono solo a sé stessi, la possibilità di incidere sulla vita dei cittadini e sull’economia, in modo superiore alla Commissione europea e soprattutto ai governi nazionali. È legittimo chiedersi quanto sia giusto”.
Le parole del ministro alla Difesa hanno scatenato un putiferio politico. Il M5s ha liquidato l’intervista come un tentativo di sottrarre Meloni alle sue responsabilità, scaricandole sulla Bce. Carlo Calenda ha bollato le parole di Crosetto come “demenziali e pericolose” mentre Maurizio Gasparri ha replicato alle accuse della minoranza assicurando che Lagarde “non ha il dogma dell’infallibilità”. Oltre le schermaglie della politica, ci sono i numeri. Quelli dell’inflazione. In Spagna (-1%), in Germania (in calo dello 0,8%) e anche in Francia (dal +6,2% al +5%, con una flessione superiore a un punto), dalle primissime rilevazioni, il costo della vita risulta in discesa e in contenimento. Certo, occorreranno delle conferme nei prossimi mesi ma, sia in Francia che in Germania, il rallentamento dell’inflazione non pare dovuto alle strette sui tassi Bce ma alle misure riguardanti il caro energia. Berlino ha pagato la bolletta di Natale ai tedeschi, Parigi registra flessioni nei costi energetici. Se ciò fosse confermato, dimostrerebbe la teoria delle colombe (oggi in minoranza) della Bce secondo cui, a sintomo uguale (cioè inflazione altissima) non corrisponderebbe la stessa diagnosi tra Ue e Usa. E, pertanto, seguire la Fed sulla strada dei rialzi al costo del denaro e delle restrizioni sugli acquisti dei titoli di Stato potrebbe risultare, quantomeno, un azzardo. Anche perché tali misure hanno degli effetti depressivi sul tessuto produttivo continentale, dal momento che (per dirne una) risulta più difficile l’accesso al credito alle imprese. E lo spettro della recessione aleggia sull’Europa. Lo dicono già da tempo le agenzie di rating e gli osservatori. Alle sirene d’allarme si è aggiunta la voce di Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fmi secondo cui, nel 2023, almeno mezza Ue dovrà fare i conti con la recessione.

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