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Economia

La guerra ci è finita nel carrello della spesa

Tutti a dieta (forzata). L'Istat rivela: i prezzi degli alimentari saliti del 25% in quattro anni

di Giovanni Vasso -


Ops, la guerra ci è sfuggita di mano e ci è cascata nel carrello della spesa. Prima ancora che in trincea, le battaglie si combattono al supermercato. In fila nei negozi, davanti al banco del mercato. Lo aveva già ammesso persino la signora Christine Lagarde a Firenze, ieri l’Istat rivela, anzi ribadisce, ciò che le famiglie italiane hanno imparato a conoscere nel corso degli ultimi anni. Il prezzo dei generi alimentari, voce che da sola rappresenta il 16,6% della spesa complessiva delle famiglie, in appena quattro anni, ossia dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina a oggi, è salito del 25 per cento. Colpa, dicono gli analisti di via Cesare Balbo, dell’abnorme aumento del costo dell’energia scattato quando le truppe di Putin hanno invaso Kiev. Furono mesi difficilissimi, ricordate? Con l’Europa che, per la prima volta, faceva i conti con le conseguenze di aver messo i cittadini di fronte alla scelta tra “la pace o i climatizzatori accesi”. Simbolo di quella stagione fu l’impennata insostenibile dei prezzi del gas al Ttf di Amsterdam, su cui si scatenò una speculazione che indusse Bruxelles a mettere in campo una strategia di price cap per tentare di calmierare i rincari. Quella stangata, rivelano dall’Istat, è stata più amara in Italia che altrove in Europa. Complessivamente, da ottobre 2021 a novembre dell’anno successivo, il prezzo dell’energia è salito del 76 per cento nel nostro Paese. E mentre si tenevano chiusi i climatizzatori in attesa della pace, altrove la stangata era molto più sostenibile: in Germania le bollette rincararono del 41%, in Francia del 21,1%, in Spagna solo del 2,9%. Su questo, Madrid, ci ha basato il suo clamoroso rilancio economico. Che ne sta facendo la meta agognata, anche più di Berlino, dei giovani cervelli in fuga italiana. La media degli aumenti dell’energia nell’area euro fu pari a poco meno della metà di quelli registratisi in Italia: +38,7%. Cifre che calano ancora di più se si prende a parametro l’aumento registrato nell’Ue a 27: +36,8%. Del resto, oggi ancora, l’Italia paga l’energia più cara di tutte, in Europa. Come sempre accade, gli aumenti di una materia prima fondamentale come l’energia hanno contagiato tutta l’economia. Dai campi di battaglia a quelli agricoli e poi giù per tutta la filiera fin dentro il carrello della spesa, la guerra ha fatto sentire tutto il suo peso e la sua ferocia. Nel settore agroalimentare, poi, i costi hanno risentito di un altro, ferale, rincaro che ha messo a dura prova la filiera: quello dei fertilizzanti, che erano in gran parte provenienti dalla Russia. Dal combinato disposto tra queste concause, dovute all’insorgere di una guerra a cui l’Europa ha preso parte attiva, ecco emergere l’insostenibile mazzata sulla spesa alimentare degli italiani. La lunga battaglia delle famiglie per la pace, però, non è ancora finita. Il fronte dei rincari non molla di un centimetro. Perché è vero che nel frattempo la situazione s’è andata (più o meno) stabilizzando. Epperò i prezzi del cibo non si sono per nulla abbassati. Anzi. Gli aumenti sono proseguiti. Nascosti, talora, da pratiche commerciali a dir poco scorrette. Come, su tutte, quelle legate al fenomeno della shrinkflation. In pratica, allo stesso prezzo con cui si acquistava una determinata quantità di un prodotto, oggi se ne compra di meno. Sul web, da mesi, sono virali i video in proposito di gelati, detersivi e chissà quali altri beni di uso quotidiano. L’Italia avrebbe voluto sanzionarle, queste pratiche ma Bruxelles, che sa sempre come farsi voler bene dai cittadini, a marzo ha aperto una procedura d’infrazione perché la scelta di imporre etichette anti alleggerimento avrebbe violato “il mercato interno”.

Questo, al di là della guerra del packaging, questo è il leit motiv delle famiglie italiane: si spende più di prima, si compra meno, molto meno. Intanto, pian piano, lungi dal diminuire, i prezzi hanno continuato la loro ascesa. Verso l’infinito e oltre. Con calma, senza strappi. Una lunga e inesorabile corsa che ha portato gli scontrini al supermercato a farsi sempre più pesanti: in due anni, da settembre ’23 allo stesso mese del ’25, i prezzi sono aumentati del 4,4%. Una stangata che, secondo l’Istat, ha consentito ha “contribuito” al “recupero dei margini di profitto delle imprese del settore agricolo, mantenutisi su livelli particolarmente bassi nel periodo 2021-2022”. Va da sé che una certa speculazione c’è. E continua a esserci. Le accuse, tra produttori e distribuzione, si rimpallano. Coldiretti s’è subito affrettata a far sapere che “le quotazioni medie nei campi continuano a soffrire” e riferiscono di come il costo riconosciuto agli agricoltori per i prodotti della terra sia in profondo rosso: -17% per il riso, -13 per cento per il grano duro, -56% per l’uva,-33% per la lattuga e per i pomodori si parla di un 40% in meno.  I consumatori chiedono, ancora, l’intervento delle istituzioni. A cominciare da mister Prezzi. C’è chi, come l’Adoc, chiede di abbassare, se non addirittura togliere, l’Iva da alcuni prodotti di primissima necessità. Il fatto è che, a prescindere, la guerra ci sia finita nel piatto attraverso il carrello della spesa. Gli ingredienti ci sono tutti: la guerra guerreggiata, le ripercussioni sui mercati, e la presenza attiva e dominante, invisibile ma pressante, di quelli che come Zeno Cosini, già dai tempi di Italo Svevo, si chiamavano pescecani e che oggi è più chic chiamare (solo) speculatori.  


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