Guerra e riarmo Europeo: come ripensare il futuro dell’Italia senza soldati né servizio di leva
Con il ritorno della guerra nel cuore dell’Europa e un crescente senso di vulnerabilità strategica, l’Unione Europea si trova a dover affrontare un nodo che per decenni ha potuto ignorare, la sicurezza. I vertici europei parlano ormai apertamente di riarmo, aumento della spesa militare e di una possibile “difesa comune” per far fronte alle nuove minacce globali. Ma in Italia, la domanda è scomoda e urgente: come può un Paese senza servizio di leva, con forze armate ridotte e una scarsa cultura strategica contribuire davvero alla sicurezza europea?
Una difesa professionale, ma numericamente debole
Dal 2005, l’Italia ha sospeso il servizio di leva obbligatorio, puntando tutto su un modello di Forze Armate professionali. Oggi, però, quel modello mostra segni di affaticamento: il reclutamento è in calo, molti concorsi militari non attraggono giovani, inoltre, una parte rilevante del bilancio della Difesa è assorbita da stipendi e pensioni, lasciando poco margine per l’innovazione e l’acquisto di nuove tecnologie.
La necessità di un cambio di strategia
Se davvero l’Italia vuole essere protagonista di una difesa europea, servono decisioni coraggiose e strutturali, come riformare il reclutamento: una forma moderna di leva breve e volontaria, magari integrata con il servizio civile, potrebbe ricostruire un legame tra cittadini e sicurezza nazionale. Giovani formati alla disciplina, al soccorso e alla gestione delle crisi non sarebbero solo soldati, ma una risorsa per il Paese. Puntare sull’industria e l’innovazione: L’Italia ha eccellenze nel settore aerospaziale e navale, ma serve una strategia industriale europea condivisa. Invece di duplicare costosi sistemi d’arma tra Stati membri, bisogna lavorare su programmi comuni e interoperabili. Educare alla cultura della difesa: Nessuna strategia avrà successo se la popolazione resta disinteressata o ostile. Serve un’educazione civica che includa anche la consapevolezza geopolitica e la responsabilità collettiva verso la pace.
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