Esteri

La pace impossibile e la posizione dei Brics

di Adolfo Spezzaferro -

VOLODYMYR ZELENSKY ©imagoeconomica


La possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina e l’avvio di negoziati per la pace si allontana sempre di più. Per due ordini di motivi: da un lato, Kiev dispone – come sottolinea sia il centenario Kissinger dagli Usa, sia Prigozhin, il capo della Wagner, sul campo di battaglia – dell’esercito più armato d’Occidente, dall’altro Mosca a maggior ragione è ancor più determinata a ultimare l’operazione militare speciale per mettere in sicurezza i territori russofoni e filo-russi del Donbass. Mentre parte l’addestramento del personale ucraino per i tank Usa Abrams e presto partirà quello dei piloti degli F-16 (con dotazione di armi nucleari), il conflitto è più aspro che mai.
In questo scenario, sul fronte diplomatico si osservano difficoltà crescenti per le proposte di pace, da quella della Cina – respinta dagli Usa perché Pechino non ha condannato “l’invasione russa” – a quella del Vaticano, passando per la più recente, quella del presidente brasiliano Lula. A tal proposito, gli eventi recenti danno l’immagine plastica di come l’Occidente a guida Usa si ostini a spaccare in due la comunità internazionale pur di continuare una guerra che non potrà mai essere vinta. Il presidente Usa Joe Biden e quello ucraino Volodymyr Zelensky si fermeranno soltanto una volta ottenuta la vittoria. Ma il punto è che gli Usa vogliono prolungare la guerra fino all’ultimo ucraino. Perché hanno tutto da guadagnarci – a livello di vendite di armamenti. Diversa è la situazione per gli ucraini, così condannati all’ecatombe, e per gli europei, alle prese con sanzioni che stanno facendo più male all’economia dell’eurozona che alla Federazione Russa.
Il Brasile è in questa fase sempre più vicino a Cina e Russia (e India). Il fallito incontro tra Lula e Zelensky in occasione del G7 di Hiroshima è la prova provata che Zelensky ormai è fuori controllo. Ma Lula ha colto la palla al balzo per rinsaldare il legame con Brics e Paesi non allineati. “Il Brasile vede il mantenimento di legami con potenze come Russia, India, Cina e Unione Europea come il modo migliore per bilanciare la sua relazione altamente asimmetrica con gli Stati Uniti”, scrive a tal proposito Foreign Policy, “che da tempo considerano l’America Latina come una regione vassalla e la sua esclusiva sfera di influenza”.
“Ho appena parlato al telefono con il presidente della Russia, Vladimir Putin. L’ho ringraziato per l’invito a partecipare al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, e gli ho risposto che al momento non potevo andare in Russia, ma ho ribadito la disponibilità del Brasile, insieme a India, Indonesia e Cina, a dialogare con entrambe le parti in conflitto alla ricerca della pace”. Questo post su Twitter di Lula è la sintesi perfetta di come il mondo in questa fase è spaccato in due: da una parte chi è con Kiev e contro il resto del mondo che non condanna la Russia, dall’altra il resto del mondo, che non è contro nessuno ma chiede a gran voce la pace.
E il quadro è in netto progressivo peggioramento. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov lo dice chiaramente: “Il grado di coinvolgimento dell’Occidente nel conflitto in Ucraina cresce ogni giorno”. Così facendo però Usa, Nato e Ue possono soltanto allungare il conflitto, non risolverlo. “La Russia continuerà l’operazione speciale e in un modo o nell’altro garantirà i suoi interessi”, fa presente il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Dmitry Medvedev. “E’ ora di dire come l’Ucraina scomparirà, così come di valutare il rischio di un nuovo conflitto in Europa e nel mondo”, avverte Medvedev.

LE CONDIZIONI DI MOSCA PER LA PACE
Mosca, dal canto suo, detta le condizioni per la pace. Il viceministro degli Esteri Mikhail Galuzin chiarisce che “l’Ucraina dovrebbe rinunciare all’adesione alla Nato e anche all’Unione Europea”, ma tra le condizioni c’è anche il riconoscimento della lingua russa come lingua di stato. “Siamo convinti che un accordo sia possibile solo se cessano le ostilità da parte delle forze armate ucraine e la fornitura di armi occidentali. Per raggiungere una pace globale, giusta e duratura, l’Ucraina deve” accettare le condizioni dettate da Mosca. Nel dettaglio, ecco quali sono: cessazione delle ostilità da parte delle forze armate ucraine; stop alla fornitura di armi occidentali; ritorno dell’Ucraina a uno status neutrale, rifiuto di aderire alla Nato e all’Ue; riconoscimento delle “nuove realtà territoriali che si sono sviluppate a seguito della realizzazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione”; tutela dei diritti dei cittadini di lingua russa e delle minoranze nazionali; garantire lo status di lingua di stato per la lingua russa; rispetto dei diritti umani fondamentali, compresa la libertà di religione.

LE CONDIZIONI (OPPOSTE) DI KIEV
Condizioni inconciliabili con quelle poste da Kiev. Il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andry Yermak afferma che “non c’è forza che possa costringere la società ucraina e la leadership al governo a parlare con i russi oggi, finché le truppe russe sono sul nostro territorio”. Anche il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak fa presente che “è ovvio che non sosterremo alcuna opzione che comporti concessioni territoriali. I cosiddetti scenari di ‘compromesso’ non porterebbero alla pace ma alla prosecuzione della guerra e a un aumento significativo della pressione terroristica sull’Ucraina”.
E’ evidente che la guerra proseguirà, con un ulteriore innalzamento del livello di rischio di impiego di armi nucleari e dello scoppio di un conflitto mondiale.


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