I costi della guerra dei dazi Usa-Cina che si sposta nei porti
A Los Angeles il calo degli attracchi cinesi, a Ningbo onerose tasse per le navi Usa
La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina comincia a fare le sue prime acclarate “vittime” nei porti.
La guerra dei dazi: Xi risponde a Trump
Il presidente Donald Trump aveva annunciato l’imposizione di un dazio aggiuntivo del 100% sulla seconda economia mondiale. E la Cina, giorni fa, attraverso il suo ministero dei Trasporti, aveva risposto.
Nessun post social generico come quelli di The Donald su Truth ma una misura netta. Le navi di proprietà o gestite da aziende e privati statunitensi o quelle costruite negli Usa o che battono bandiera statunitense, subito soggette nei porti cinesi a tasse portuali aggiuntive.
Per le navi Usa in attracco nei porti cinesi dal 14 ottobre, una tariffa di 400 yuan (56,13 dollari) per tonnellata netta, che salirà fino a 640 yuan (89,81 dollari) dal 17 aprile 2026. E, a seguire, a 880 yuan (123,52 dollari) dal 17 aprile 2027, a 1.120 yuan (157,16 dollari).
Questo, come reazione al costo che una nave cinese in arrivo degli States deve sopportare: 1 milione di dollari per una che trasporta più di 10mila container, importo stimato di crescita annuale fino al 2028.
I bollettini dai porti
Poi, sono arrivati i primi bollettini della guerra in corso. Nel suo briefing mensile, il direttore esecutivo del porto di Los Angeles, Gene Seroka, ha commentato con il magazine Seatrade Maritime l’impatto dal 14 ottobre delle tariffe Usa sulle navi di proprietà, costruzione o gestione cinese che fanno scalo nei porti Usa.
“Qui a Los Angeles – ha raccontato – poco più del 20% delle navi che vi fanno solitamente scalo sono state costruite in Cina o gestite da aziende con sede in quel Paese. Ma questa settimana abbiamo avuto solo una nave costruita in Cina che ha fatto attracco nel porto”.
Il segnale di un netto rallentamento del traffico. L’unica nave di costruzione cinese in ingresso durante la settimana rappresenta il 4,5% degli scali totali, rispetto alla media del 20% nel 2024.
Sul fronte opposto orientale, i bollettini portuali internazionali hanno raccontato il caso della portacontainer Manukai, battente bandiera statunitense e appartenente alla compagnia Usa Matson. E’ la prima nave sottoposta alle misure cinesi.
Il giornale TradeWinds ha riportato la notizia con dettagli precisi. La nave Manukai, a bordo 2.400 container, ha scaricato il suo carico a Ningbo. E ha pagato un dazio di 627.943 dollari il 14 ottobre scorso, diventando così il primo caso noto di applicazione della nuova tariffa cinese.
La notizia è stata confermata anche dal sito DimSumDaily. Un quadro complesso, quella che è stata definita la “guerra commerciale che si sposta nei porti” è destinata a generare ulteriori inasprimenti e ripercussioni globali sul commercio marittimo.
Chi pagherà questa guerra?
Gli effetti immediati, fu la previsione di un analista intervistato dal Wall Street Journal nel luglio scorso, ricadranno sul mercato interno Usa.
“Molti prezzi aumenteranno in proporzione diretta ai dazi, impattando fortemente i consumatori americani”, disse Christopher Conlon, associate professor alla Leonard N. Stern School of Business della NY University.
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