Attualità

I nipoti delle vittime dell’Olocausto stanno replicando i tatuaggi di Auschwitz

di Martina Melli -


Alice Bloch, una sociologa inglese dell’Università di Manchester, per cinque anni ha fatto ricerche su un particolare fenomeno che accomuna decine di nipoti di sopravvissuti all’Olocausto: quello di tatuarsi i numeri identificativi che i nazisti impressero sugli avambracci dei loro parenti. Un gesto particolarmente forte, tra il commovente e il disturbante, che sembra accomunare le nuove generazioni delle famiglie dei sopravvissuti ai campi.

Era Auschwitz , nella Polonia occupata dai nazisti, l’unico campo in cui, a partire dall’ottobre del 1941, si iniziò a tatuare numeri sui prigionieri. Negli anni di attività del campo, a più di 400.000 prigionieri furono assegnati numeri di serie. Le uniche persone esentate erano civili di etnia tedesca e austriaca, prigionieri di polizia e prigionieri polacchi deportati da Varsavia durante la rivolta del 1944, oltre agli ebrei trattenuti per un breve periodo in attesa di essere trasferiti in altri campi.

Alice, nel corso della sua lunga ricerca, ha intervistato 16 persone, 13 delle quali provenienti da Israele e 3 dagli Stati Uniti. L’idea di fondo per la maggior parte di loro è quella di replicare il tatuaggio del numero di serie di un genitore o di un nonno sul proprio corpo come ricordo delle proprie radici e monito di ciò che è accaduto.

Con il passare inesorabile del tempo, replicare un tatuaggio nazista diventa per questi discendenti un gesto ancora più potente di commemorazione incarnata e, soprattutto, di legame familiare. A parte i disegni infatti, il tatuaggio in generale è un tabù per molti ebrei, sia per motivi religiosi che culturali. Proprio per questo alcuni discendenti hanno aspettato fino alla morte del genitore o del nonno sopravvissuto; altri si sono fatti il ​​tatuaggio senza chiedere approvazione. Altri ancora hanno discusso in anticipo la procedura con il resto della famiglia.

Alcuni hanno scelto di ricopiare esattamente l’aspetto del marchio originale e il luogo in cui era stato posizionato, mentre altri hanno preferito alterare i dettagli e il colore, o posizionare la cifra su una parte diversa del corpo. 

Prima dei tatuaggi, i numeri di identificazione venivano cuciti sulle uniformi carcerarie. I prigionieri di guerra sovietici furono i primi a venir tatuati poiché, quando uno di loro moriva spesso gli altri prigionieri gli prendevano gli abiti, rendendo impossibile tenere registri accurati.

I numeri erano tatuati sull’avambraccio sinistro: a volte venivano usate anche forme e lettere per distinguere i diversi gruppi. Alcuni ebrei avevano un triangolo tatuato sotto il loro numero mentre i prigionieri rom e sinti avevano la lettera Z aggiunta al numero, la prima lettera della parola dispregiativa tedesca Zigeuner, che all’epoca era usata per queste comunità.


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