Attualità

I figli non scaldano i partiti così le famiglie restano sole

Per crescere un bambino da 0 a 18 anni la spesa media è 140mila euro. Valerio, 7 figli: "In Francia famiglie come noi hanno uno stipendio in più."

di Rita Cavallaro -


Viaggio nei programmi elettorali. Caos e poche certezze per i nuclei numerosi e intanto calano le nascite, anche perchè i genitori non hanno aiuti e supporti.

L’inverno demografico italiano, con gli allarmi sulla denatalità, è un tema che certamente viene affrontato nei programmi elettorali dei partiti politici. Probabilmente, però, nessuno dei candidati in corsa per Palazzo Chigi è in grado di fornire risposte concrete che possano incentivare i giovani a fare figli. Pesa sulla scelta di costruire una famiglia l’impegno economico che comporta la nascita di un figlio. Perché per crescere un bambino in Italia, da 0 a 18 anni, la spesa si aggira in media intorno ai 139.500 euro, ovvero oltre 7mila euro all’anno a bambino. E l’assegno unico, costituito dal precedente governo con radici renziane, è solo una goccia nel mare. Ancor più oggi, con gli aumenti in bolletta, i rincari sul paniere della spesa, il costo esorbitante dei libri e la precarietà dovuta alla mancanza di certezza del lavoro. Se da un lato sempre più giovani decidono di non avere figli, dall’altro ci sono famiglie che non solo di figli ne hanno voluti tanti, ma che riescono a mandare avanti la quotidianità anche in questo periodo di crisi economica. Sembra quasi un paradosso quello dei neocatecumenali, nuclei familiari che forti della loro fede riescono a far quadrare i conti e a godersi la vita. “Si può fare, senza dare lezioni a nessuno. Avere dei figli è una possibilità meravigliosa e ripagante”, sottolinea Valerio Medori, insegnante romano. Valerio e sua moglie, impiegata, hanno due stipendi statali e sette figli, dai 12 ai 26 anni. A casa Medori, ogni giorno, si siedono a tavola 9 persone e, con gli aumenti, la differenza si sente. “Il mio stipendio”, spiega Valerio, “se ne va tutto per il carrello della spesa, che pesa del 30 percento in più rispetto all’anno scorso. Prima andavamo al supermercato due volte a settimana e spendevamo in media 180 euro, oggi stiamo più attenti a cosa compriamo e ne spendiamo almeno 250”. Dunque, uno stipendio va via per le spese alimentari. Con quello della moglie bisogna far fronte ai costi di gestione di casa, tra bollette, abbigliamento, tasse scolastiche. Gli assegni familiari per i figli, di circa 200-300 euro, sono un piccolo aiuto. Ma per Valerio Medori, che nel suo cammino neocatecumenale nella parrocchia di San Pancrazio a Roma ha conosciuto tante famiglie, non è certo sufficiente. “Abbiamo degli amici che hanno tanti figli in Francia”, racconta, “che prendono uno stipendio in più”. Perché, paradossalmente, le famiglie come quella di Medori oggi forniscono un servizio civile e sociale in un Paese sempre più vecchio e che non fa più figli. E forse dovrebbero avere un aiuto concreto, una sorta di reddito di cittadinanza perché sono loro a contribuire numericamente e a rappresentare una speranza per il futuro. Con una dignità e una positività che nasce dalla loro fede. “Noi non chiediamo niente, non cerchiamo aiuto dallo Stato perché abbiamo scelto di avere i nostri figli”, spiega Valerio, “e abbiamo imparato a gestire la nostra famiglia per vivere senza farci mancare nulla. Però sul piano sociale, se parliamo di programmi di natalità, è necessario che la politica si adoperi per dare un incentivo concreto che spinga le famiglie a scegliere di fare figli e a superare la paura del futuro”. Quell’assegno unico, infatti, non basta, come spiega Angela Bencetti, anche lei madre di 7 figli tra i 12 e i 28 anni, anche lei in cammino neocatecumenale a San Pancrazio. Suo marito, fino all’anno scorso, faceva due lavori, ma ora, prossimo alla pensione, ne ha lasciato uno e la famiglia vive con uno stipendio e deve badare anche a un bimbo disabile, in lista da 5 anni alla Asl per l’assistenza sanitaria a casa. Sul loro paniere, a incidere di più, sono state le spese per la baby sitter, perché se due genitori devono lavorare per mantenere i bambini, dove li lasciano i piccoli? Chi ha la fortuna di poter contare su nonni e familiari si industria e organizza le giornate, ma chi non ha nessuno deve sborsare cifre elevate per le bambinaie. Dunque, secondo Angela, bisognerebbe prevedere un contributo baby sitter. Ma cosa c’è davvero nei programmi di governo dei candidati in corsa alle Politiche del 25 settembre prossimo? È il Terzo Polo ad aver previsto l’istituzione di un “assegno di rimborso per i costi sostenuti per i servizi di cura di figli piccoli (baby sitter), genitori anziani (badanti) o persone con disabilità (educatori)”. L’asse Renzi-Calenda propone inoltre di rendere il nido gratuito per i nuclei familiari con Isee inferiore a 25mila euro, oltre al potenziamento dell’assegno unico universale, varato proprio sotto la regia del ministro renziano Elena Bonetti nel governo Draghi, e un nuovo sostegno all’educazione con un rimborso di spese come rette scolastiche, attività sportive e centri estivi. Al punto 5 del programma unitario, il centrodestra punta sulla riduzione dell’Iva sui prodotti e servizi all’infanzia, “sull’allineamento alla media europea della spesa pubblica per infanzia e famiglia” per passare dall’attuale 1,1 percento del Pil al doppio. Anche Lega, FdI e Forza Italia promettono di aumentare l’assegno unico e di attivare “politiche di conciliazione lavoro-famiglia per madri e padri”, oltre a una tutela del lavoro delle giovani mamme e di un “sostegno concreto alle famiglie con disabili a carico”. Sul fronte Pd la parola d’ordine è “diritto al futuro”. Ed ecco che rispunta “una dotazione di 10mila euro, erogata al compimento dei 18 anni sulla base dell’Isee familiare, per coprire le spese relative alla casa, all’istruzione e all’avvio di un’attività lavorativa”. L’obiettivo è spingere i giovani a farsi una famiglia, con una misura che ha creato non poche polemiche visto che i fondi per la “paghetta” ai 18enni i dem li vogliono reperire con una patrimoniale. Dal Nazareno offrono poi un contributo di 2mila euro per gli affitti agli under 35 e infine un assegno unico più corposo. E i 5 Stelle? Niente sostegni alle nascite, ma una “pensione anticipata per le donne lavoratrici che hanno figli”. Per il partito di Conte, insomma, il must è sempre lavorare meno o non lavorare affatto. Tant’è che per quest’ultimo punto c’è sempre il reddito di cittadinanza. Per tutto il resto c’è Mastercard. Per chi può. 


Torna alle notizie in home