Attualità

Ignazio Marino: Gimcana fra monnezza e taxi che non ci sono, così il Pd fermò la svolta

di Giovanni Mauro -

IGNAZIO MARINO VICE PRESIDENTE THOMAS JEFFERSON UNIVERSITY


“Il Partito Democratico non tollerava la mia presenza in Campidoglio e sarebbe stato disposto a qualunque atto pur di liberarsi di un amministratore che definiva onesto, ma che non rispondeva a quell’omologazione che la dirigenza del partito desiderava”, Così l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, in un’intervista rilasciata a Marcel Vulpis in esclusiva per l’agenzia Sporteconomy, si leva non pochi sassolini dalla scarpa. Il chirurgo torna a parlare di quel post sui social in cui denunciava di essere stato “cacciato a calci” dal Pd dell’era renziana. Come hanno fatto a “dimissionarla” dopo 28 mesi di mandato, gli chiede l’intervistatore. E Marino spiega che il partito a dispetto del nome non è poi così democratico. “Menti libere e indipendenti non sono gradite e, soprattutto, non è gradito chi, invece della linea di comando di partito, utilizza criteri basati sul merito per la selezione della classe dirigente. Non erano trascorsi neanche 4 mesi dalla mia elezione del giugno 2013, che, in poche settimane, avevo avviato nuove soluzioni per l’emergenza abitativa dei più poveri, chiuso al traffico privato via dei Fori Imperiali, chiuso la discarica di Malagrotta (aperta da cinquant’anni), e già i media locali e nazionali descrivevano il conflitto tra il Partito Democratico e il proprio sindaco”.


Lo scontro più duro è stato quello sulla possibile realizzazione di uno stadio di proprietà della As Roma. Con tanto di “fuoco amico” dem. “Se dovessi tornare indietro convocherei la cittadinanza presso lo Stadio Olimpico ed elencherei per nome e cognome tutti i politici che per un motivo o per l’altro creavano ritardi, ostacoli, e lavoravano per non realizzare un’opera così importante in modo trasparente, entusiasmante per i tifosi e utilissima alla economia della Capitale. Insomma, coinvolgerei la cittadinanza in un progetto partecipato al di fuori delle stanze chiuse della politica”, chiarisce Marino.
L’ex sindaco entra proprio nel dettaglio della guerra subita all’interno del suo partito. “Il 24 ottobre 2013 il quotidiano La Repubblica titolava ‘Marino sotto accusa’ e il presidente del Consiglio comunale, il politico Mirko Coratti (Pd), avvertiva dalle pagine nazionali di quel giornale che non poteva essere discussa in Consiglio la decisione della Giunta che stabiliva i nuovi criteri per le nomine negli enti e nelle aziende comunali, perché, minacciava Coratti: ‘Se la mettiamo in discussione adesso, non passa il bilancio’. Quell’atto proponeva di selezionare le figure apicali delle aziende controllate dal Comune con strumenti di competizione pubblica, trasparente, di sfoltire le nomine ed escludere gli ex sindaci, consiglieri comunali e regionali, parlamentari: misure che non entusiasmavano per nulla né il Pd, né gli altri partiti. Nei 28 mesi del mio governo – è l’accusa di Marino – i partiti politici non hanno mai permesso che quell’atto giungesse nell’aula del Consiglio per essere approvato, bocciato o comunque almeno discusso”.
Pur di mandarlo via, il Pd si è accordato con chi proveniva dall’ex Msi. “Marco Causi, autorevole deputato del Pd, il 20 novembre 2015 arrivò a dichiarare che ’bisogna coinvolgere i più vasti strati della popolazione senza distinzione di colore politico. In Sicilia MSI e PCI si alleavano contro la Mafia’”, ricorda Marino. Un paragone terribile e quanto meno sproporzionato.


Sulla gestione di Roma Capitale dell’attuale sindaco, il dem Roberto Gualtieri, il giudizio è spietato. “Come sa – fa presente Marino – vivo e lavoro in ospedale e all’università a 8mila chilometri di distanza (negli Stati Uniti, ndr). Nel mese di ottobre sono stato a Roma e ho trovato la città incredibilmente sporca e per tornare a casa dal barbiere ho dovuto camminare oltre un’ora perché c’era uno sciopero dei mezzi pubblici e non era neanche possibile trovare un taxi. Dal giorno dopo ho ripreso la mia bicicletta e sono caduto due volte per le buche. Inoltre, ho visto con dolore il ritorno dei venditori abusivi e delle distese di tavolini anche nei luoghi più prestigiosi di Roma, come vicino al Pantheon”.
Su un possibile ritorno in politica, Marino fa presente che in ogni caso non è in contatto con il Pd. “Non conosco la segretaria Elly Schlein e non mi ha mai cercato. Il Pd ha rinunciato a impegnarsi per tutto ciò che ci rende uguali, dalla sanità, alla scuola pubblica, ed è diviso non solo sui diritti civili ma anche su quelli sociali. È un partito in cui la segretaria afferma (e sono convinto che lo pensi) di essere contro gli armamenti e contro gli inceneritori, ma poi vuol costruire a Roma l’inceneritore più grande d’Europa e vota per aumentare la spesa in armamenti. Come è scritto nella Bibbia, ‘c’è un tempo per ogni cosa’ e oggi non è per me il tempo di questa politica”.


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