Il 9% del Pil italiano arriva dai lavoratori stranieri
Dall’immigrazione il 9% del Pil. Agricoltura ed edilizia i settori con maggiore incidenza. Fabbisogno di manodopera in aumento a causa del calo demografico.
I dati sull’economia dell’immigrazione
Questi i risultati più in vista dell’analisi del Rapporto annuale 2025 sull’economia dell’Immigrazione, curato dalla Fondazione Leone Moressa, istituto di ricerca nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre CGIA, specializzato nello studio delle fenomenologie e delle problematiche relative alla presenza straniera sul territorio. Una fotografia interessante e concreta di come l’arrivo degli stranieri in Italia continui ad essere elemento chiave per combattere il calo demografico e promuovere il mercato del lavoro.
Il contributo essenziale dei lavoratori stranieri
Nel nostro paese, dove la popolazione invecchia rapidamente e la natalità tocca da anni minimi preoccupanti, il contributo dei lavoratori stranieri si rivela sempre più essenziale per garantire la tenuta di molti settori produttivi, dai servizi alla persona all’agricoltura, fino alle costruzioni. E, nonostante rimangano irrisolte alcune criticità legate a integrazione lavorativa, tutela dei diritti e valorizzazione delle competenze, l’immigrazione regolare rappresenta una risorsa strutturale, non solo per l’economia, ma anche per il sistema di welfare.
I dati effettivi
Ecco qualche numero, a partire dalla presenza degli stranieri residenti, che in Italia nel 2024 sono 5,3 milioni (8,9% della popolazione totale). Ma si arriva a 6,7 milioni (11,3%) considerando i nati all’estero. Questo divario deriva essenzialmente dalle acquisizioni di cittadinanza italiana, oltre 200mila all’anno. La popolazione con background migratorio continua a dare un contributo positivo alla demografia italiana con un tasso di natalità più alto (9,9 nati ogni mille abitanti tra gli stranieri, 6,1 tra gli italiani) e un tasso di mortalità più basso (2,1 / 12,3 per mille). Nel 2023, ad esempio, gli italiani sono diminuiti di 385 mila unità, mentre gli stranieri sono aumentati di 375 mila. Tra gli stranieri, solo il 6% ha più di 64 anni, mentre tra gli italiani questa componente arriva al 26%. Per quanto riguarda comparto lavorativo e fabbisogno di manodopera, gli occupati stranieri – racconta il rapporto della Fondazione Leone Moressa – sono 2,51 milioni (10,5%) ma, anche in questo caso, si sale a 3,65 milioni considerando il paese di nascita (15,2%). I lavoratori stranieri producono 177 miliardi di valore aggiunto, dando un contributo al Pil pari al 9%, con picchi del 18,0 in agricoltura e del 16,4% nelle costruzioni.
La denatalità e i pensionamenti
Le dinamiche demografiche in corso, poi, determinano inevitabilmente una crescente richiesta di manodopera dall’estero. Secondo le previsioni Unioncamere – Excelsior, nel quinquennio 2024-2028 le imprese italiane avranno bisogno di 3 milioni di nuovi occupati, di cui 640 mila immigrati (21,3%). Il fabbisogno di manodopera in Italia dipenderà per l’80% dal ricambio legato ai pensionamenti e solo per il 20% alla crescita economica.
Forza lavoro straniera: un trend in crescita
Anche sul versante degli imprenditori immigranti, il trend è in crescita: 787 mila nel 2024, pari al 10,6% del totale. A commentare il rapporto della Fondazione Moressa, il Segretario generale Fai-Cisl, Onofrio Rota, che si è concentrato sui numeri legati al settore primario: “Con il 18% del valore aggiunto attribuibile alla forza lavoro straniera, l’agricoltura si è affermata nel 2024 come primo settore tra quelli a trazione migratoria, a maggior ragione bisogna ripensare al più presto ai fabbisogni formativi e a un mercato del lavoro più efficace e trasparente, che valorizzando gli enti bilaterali agricoli territoriali possa favorire un incrocio più efficiente tra domande e offerta di lavoro, come sperimentato positivamente in alcuni territori, anche in vista di un’emergenza manodopera che si appresta a peggiorare dato il massiccio ricambio legato ai prossimi pensionamenti”.
La parola agli esperti
Così, invece, il presidente Confeuro, Andrea Tiso: “L’immigrazione rappresenta una risorsa fondamentale per il nostro Paese e, in particolare, per il settore agricolo. Gli immigrati contribuiscono attivamente a colmare il deficit di manodopera e la carenza di ricambio generazionale che affliggono l’agricoltura moderna, essenziali per la nostra capacità produttiva. Per massimizzare tale valore, è cruciale che l’immigrazione non sia demonizzata, ma gestita con politiche di controllo e regolarizzazione mirate. A coloro che arrivano in Italia e contribuiscono onestamente al tessuto produttivo, deve essere garantito un percorso di integrazione e dignità lavorativa. Riconoscere il loro ruolo e assicurarne la corretta gestione significa investire in modo pragmatico nel futuro dell’agricoltura e dell’intera economia nazionale”.
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