Il broker di Bolzano e la trappola della fiducia
Una stangata di almeno 20 milioni di euro. Moreno Riello, 64 anni, vicentino di nascita, è di Bassano del Grappa, ma con residenza a Vittorio Veneto, ha incarnato per anni l’immagine del private banker affidabile, capace di curare con discrezione e competenza i patrimoni di imprenditori e risparmiatori altoatesini. Una reputazione costruita dentro Intesa Sanpaolo Private Banking, con ufficio a Bolzano, dove dal 2010 fino al pensionamento anticipato del dicembre 2024 ha seguito clienti facoltosi, anziani o comunque restii a gestire i conti online. Proprio quella vulnerabilità sarebbe diventata il varco sfruttato per anni. La tecnica era tanto semplice quanto devastante: rendiconti falsi. Non i classici estratti conto ufficiali spediti dalla banca, ma fogli Excel con lo stesso layout ripetuto e rassicurante, inviati via mail o consegnati a mano. Numeri che simulavano investimenti sicuri, controvalori patrimoniali in crescita, operazioni di acquisto titoli mai esistite. In realtà, dietro quelle carte, non c’era alcun movimento reale. Per rendere credibile la messinscena, Riello avrebbe usato moduli firmati in bianco dai clienti, in alcuni casi addirittura firme apocrife. Il rapporto personale era la leva decisiva. I clienti presi per il naso avevano tutti patrimoni consistenti e abitudini consolidate. Si fidavano del consulente che chiamava per nome, che li tranquillizzava: “Non voglio inviarle troppi documenti, la sommergerei di carte”. Bastava quello a sciogliere dubbi. Anziani, imprenditori locali, risparmiatori di lungo corso, poco inclini alla tecnologia e convinti che l’home banking fosse complicato o rischioso: erano il terreno perfetto per la trappola. Quando la vicenda è emersa, a fine 2024, lo choc è stato violento. La Procura di Bolzano ha aperto un’inchiesta per truffa aggravata e continuata, il furto pluriaggravato, l’intermediazione finanziaria abusiva. L’Organismo di vigilanza dell’Albo dei consulenti ha disposto la sospensione per 180 giorni. La Guardia di Finanza ha sequestrato computer, telefoni, documentazione. Le cifre ballano: la banca ha rilevato divari contabili per oltre 131 milioni di euro; le operazioni disconosciute dai clienti ammontano a 1,8 milioni; le stime delle parti civili arrivano a danni per decine di milioni. Per settimane Riello è sembrato sparito, alimentando voci di una fuga all’estero. Il suo avvocato, Alberto Berardi del foro di Padova, nega: “Non è mai scappato, è incensurato e si trova in Italia”. Ma resta il dato: un professionista stimato, vicino alla pensione, si è trasformato nell’incubo di chi gli aveva affidato i risparmi di una vita. Il nodo ora è doppio. Da un lato la giustizia penale, che dovrà accertare l’entità delle sottrazioni, capire dove siano finiti i soldi e se possano essere recuperati. Dall’altro la partita dei risarcimenti. Intesa Sanpaolo, parte lesa a sua volta, ha avviato verifiche e indennizzerà i clienti colpiti. Perché nel private banking la fiducia è il capitale più prezioso: lasciar scivolare nell’ombra simili falle significherebbe incrinare un intero sistema. Il caso Riello ha riacceso un interrogativo antico: come proteggere i risparmiatori da se stessi, dalla tentazione di delegare tutto al consulente di fiducia senza controllare? La lezione è brutale. Mai firmare moduli in bianco. Mai accettare rendiconti diversi da quelli ufficiali. E soprattutto non rinunciare agli strumenti di base dell’era digitale: l’home banking, con le sue notifiche immediate, avrebbe reso impossibile o almeno molto più ardua la frode. “Se avessero avuto accesso costante ai loro conti, la trappola non avrebbe retto”, osserva un esperto. Invece, per dieci anni, la fiducia ha reso ciechi i clienti. E quando la nebbia si è diradata, i patrimoni erano evaporati.
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